sabato 28 giugno 2014

El Seves, la "fogna" del Nord Milano che vuol tornare fiume

Il  Seveso,  le sue piene devastanti che allagano Milano e la "non soluzione" delle vasche di laminazione che si vorrebbero  costruire a Senago e Palazzolo sono  periodicamente all'ordine del giorno. Se ne parla e scrive da decenni, per un po', poi tutto si infila nel cono d'ombra mediatico fino al prossimo  disastro annunciato. 
Penso di dare un utile contributo alla discussione che ha coinvolto in questi giorni Giuranna, me e Giorgio Grassi, e che a mio avviso dovrebbe continuare e coinvolgere molti più cittadini,  riproponendo una piccola ma informata inchiesta realizzata da Nicoletta Saita nel luglio 2010 a conclusione del primo  corso di giornalismo da me tenuto, pubblicata sul giornalino realizzato dagli allievi che si intitolava "post-it". Vi si parla di contratti di fiume  di investimenti, di progetti,ma chi li  ha visti? (la foto sotto scattata dal ponte di via Rotondi è mia mentre quella qui sopra è stata ripresa dal Corriere.it). Buona lettura.

Questo torrente, alle sue origini, è puro e innocente: nasce sul Monte Olimpino, nel comasco, nel territorio di Cavallasca, a 490 m s.l.m.; scorre nel proprio alveo a cielo aperto fino a Milano Niguarda, per 50 km, poi entra nel Naviglio Martesana e da qui nella rete interna alla città fino a che le sue acque entrano nel Redefossi ed infine nel Lambro Settentrionale. Nella prima parte del suo percorso vanta persino sei affluenti: cinque sulla sponda sinistra (Rio Rossola, il Rio Acquanegro, S.Antonio, Serenza e Certosa o Tarò), uno, il torrente Comasinella, sulla sponda destra. Nonostante questi apporti, il Seveso, in condizioni completamente naturali e in periodi di scarse precipitazioni, dovrebbe risultare asciutto, perlomeno nel suo medio e basso corso; avrebbe cioè quello che si definisce un “carattere torrentizio”. Nel tempo sono però intervenuti fattori fisici ed antropici che l’hanno reso un fiume: le acque piovane provenienti da vaste aree impermeabilizzate (dalla cementificazione urbana), i sistemi fognari e gli scarichi dei depuratori di Carimate e di Fino Mornasco, hanno innalzato i valori della portata media e creato seri problemi di esondazione. Il fenomeno in sé non sarebbe negativo: arricchirebbe il regime idrico del nord e sud-est di Milano, consentendo utilizzi multifunzionali, in primo luogo agricoli; tuttavia la pessima qualità di quest’acqua, ci fa ben comprendere la necessità che essa non esondi. I gravi problemi posti dal Seveso sono perciò di due ordini: idraulico e di inquinamento idrico. 
Il primo esplode nel nodo di Niguarda, dove in occasione di eventi meteorici anche non eccezionali si producono allagamenti di aree abitate. Il canale scolmatore infatti, localizzato a Palazzolo, ha parzialmente risolto il problema, consentendo attualmente di derivare una portata massima di circa 30m³/s. Tuttavia il fenomeno è divenuto negli anni sempre più preoccupante, perché i sottobacini degli impianti di Varedo e Bresso che raccolgono le acque di 14 comuni (tra cui il nostro) le scaricano nel Seveso a monte di Niguarda. 
Il secondo grave e noto problema è quello della qualità dell’acqua, che a nord di Milano è pessima. Il valore dell’azoto ammoniacale, ad esempio, superiore a quello accettabile, impedisce la vita acquatica. L’inquinamento microbiologico è tre volte superiore a quello ammesso per l’attività balneare e i valori dei metalli pesanti sono preoccupanti. È sconcertante poi scoprire come la parte più consistente dell’inquinamento idrico avvenga per via industriale (lo denotano le quantità di rame, zinco, mercurio, cromo) a nord di Lentate, in provincia di Como, ambiente peraltro di significativo valore ecologico. Il territorio in provincia di Milano (il nostro) aggiunge anch’esso consistenti quote contaminanti di origine civile e industriale. Fra Lentate e Niguarda si presentano così i problemi più importanti a livello idraulico, inquinologico, ecologico e fruitivo.
Si tratta di una zona densamente e continuativamente urbanizzata, che ha ristretto l’alveo fluviale e lo ha canalizzato in molti tratti per edificare; le sponde naturali sono ormai residui dove abbondano sterpaglia, rifiuti, ratti e scarichi abusivi. È divenuto un bacino “scolante” spesso impermeabilizzato e collettore di acque reflue miste (bianche e nere).
Oggi, perso ormai il suo uso sociale e ambientale, fluisce come un intruso tra 23 comuni, che gli devono tuttavia la loro strutturazione: pievi, centri fortificati e ville sono nati sulle sue sponde, che hanno orientato gli assi di comunicazione con Como, la centuriazione milanese, il sistema idraulico di Milano e i binari delle ferrovie Nord. L’impressione però è che nessuno ne abbia memoria. 


In realtà dietro a questo martoriato fiume c’è una mobilitazione considerevole, che ha prodotto analisi, collaborazioni, trovato e investito fondi. Esiste per esempio l’associazione “Fiumevivo”, di Cesano Maderno attiva non solo sul fronte Seveso, ma anche sull’Olona e il Certesa/Tarò, che ha promosso la nascita di un gruppo interdisciplinare di ricerca e progettazione per la bonifica e riqualificazione del nostro fiume; sul fronte istituzionale poi la regione Lombardia ha promosso i “Contratti di fiume”, un’iniziativa tesa ad unire competenze e forze di molteplici attori territoriali. 
Regione, provincia, enti specifici, comuni e privati cooperano nei “Contratti di fiume” alla programmazione negoziata di un piano d’area condiviso per salvare i nostri bacini idrici (secondo i criteri di utilità pubblica, rendimento economico, valore sociale, sostenibilità ambientale, formazione e informazione); attiva già su altri fiumi lombardi, l’iniziativa ha siglato un accordo anche per il Seveso. il 13 dicembre 2006, 47 comuni, le province di Milano, di Como e la Regione Lombardia, ARPA Lombardia, l’Autorità di Bacino del Fiume Po, l’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia e sei enti Parco hanno sottoscritto l'AQST – Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale – denominato appunto "Contratto di Fiume Seveso"; l’obiettivo è il recupero di quest’ultimo dei suoi affluenti e della sua valle. 
L’approccio al problema è molteplice e complesso: intende coordinare politiche urbanistiche, infrastrutturali, ecologiche, paesistiche, agricole, industriali, in uno scenario strategico di lungo periodo. L’idea centrale è quella di ridare centralità al fiume nelle politiche di sviluppo dei centri urbani, riqualificando perciò i sistemi insediativi e migliorando la fruibilità delle aree perifluviali; propone la realizzazione di una sorta di “corridoio verde” che unisca siti naturali pregiati residui con ambiti ricostituiti. La prospettiva è anche quella della riqualificazione di siti degradati, come le cave abbandonate o dismesse, perché siano poi restituite alla fruibilità pubblica. Ovviamente verranno definiti e adottati regolamenti di fognatura, censiti e caratterizzati gli scarichi, mantenute e riqualificate le sponde, regolarizzata (e preannunciata) la gestione delle piene, curata l’educazione alla cultura dell’acqua nelle scuole. I parchi presenti lungo il bacino, anziché essere concepiti come isole conservative, dovrebbero assurgere a laboratori sperimentali di nuove regole insediative per l’intero territorio e di nuove forme di produzione agricola. Il preventivo, aggiornato al 10 febbraio 2010, annuncia una spesa di circa 97.150.000 euro, dei quali 52.600.000 hanno già trovato finanziamenti in Regione Lombardia, Ambiti Territoriali Ottimali della Provincia di Milano, Provincia, IANOMI (Infrastrutture Acque Nord Milano) e comuni. Detto questo, contano poi le azioni concrete. A monitorare queste ultime per fortuna il cittadino è aiutato dal sito www.contrattidifiume.it, che offre un aggiornamento continuo sullo stato di avanzamento dei progetti.

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