Lunedì scorso il Partito Democratico
ha portato a Paderno Dugnano un pezzo da 90, il ministro del Lavoro,
Giuliano Poletti, che ha illustrato al Metropolis la sua idea dei problemi
dell’Italia e le possibili risposte. Sul sito di Gianfranco
Massetti leggo questa breve cronaca-commento:
"Ineguaglianza ed egoismi sono i
mali del paese a cui bisogna rispondere con equità, giustizia e
ricostruzione del senso di comunità in un orizzonte il più
condiviso possibile. Poletti ha cercato di descrivere la coerenza tra
queste idee e le misure concrete del governo Renzi.
Dagli 80 euro alla
riforma costituzionale, dalla riforma della pubblica amministrazione
al welfare condiviso fino all’idea dell’alternanza scuola –
lavoro. Ma è sul jobs act che il ministro è sembrato meno
convincente, almeno a parere mio. Il ministro, ed ex presidente della
Lega delle Cooperative, non può non sapere che aver cancellato la
“causa” nella fine contratto, aver tolto il limite del 20 % per i
contratti a tempo determinato e tolto l’obbligo di riassunzione per
le violazioni, non farà che aumentare la precarietà e non il
lavoro.
Bisogna, secondo me,
si rafforzare l’impresa (con incentivi, fiscalità, credito,
ricerca..) ma non indebolire i lavoratori (nei diritti). Poi il primo
maggio resti pure la Festa dei lavoratori e non cambi nome: non se ne
sente il bisogno. Per me lavoratori sono tutti quelli che sudano il
proprio pane ,con qualsiasi condizione sociale o contrattuale. Tutto il resto del suo ragionamento
sull’Italia e sui cambiamenti è stato condito da una domanda
retorica stringente: ”Si è vero.. quello che facciamo può essere
poco ma perché fino ad oggi non è stato fatto neppure questo?”.
Come suona insopportabile questa
domanda retorica, tipica della nuova classe dirigente "rottamatrice" del PD,
che ad ogni osservazione sui propri annunci (perché per ora siamo solo agli annunci) risponde regolarmente denigrando i critici con "voi non avete fatto niente
pertanto non avete diritto di parola".
Questo "stil novo" inaugurato del
sindaco-segretario-premier fin dal suo insediamento contro
l'opposizione interna, sta facendo venire a
molti la voglia di dire "ok, aspettiamo i
fatti, ma se non ci saranno...".
Il problema della mancanza di lavoro e
della deindustrializzazione in Italia e in Europa è troppo serio per essere lasciato nelle
mani dei battutisti ultimi arrivati. Poletti avrebbe fatto meglio a dare qualche
risposta agli amministratori locali che gli chiedevano cosa poteva
fare un sindaco per affrontare concretamemte questo problema. Non
l'ha fatto, perché di idee nuove quelli come lui non ne
hanno. Le loro nuove idee sono sempre quelle di cui si parla da 20
anni, cioè più libertà per le imprese e meno tutele per i lavoratori.
La sinistra a Paderno Dugnano, è bene dirlo subito, non ci
sta, perché i fatti hanno dimostrato che questa formula non produce nuovo lavoro, ma precari a vita, e se vinceremo le elezioni faremo di tutto
perché la politica del lavoro della nuova amministrazione non assomigli per niente a quella del governo Renzi.
1 commento:
Con riferimento al post di Carlo Arcari ritengo di aggiungere (avendo assistito all'assemblea con il ministro Poletti) che ci sono cose che noi di Sinistra non possiamo condividere. Mi riferiso ad alcune osservazioni e considerazioni che il Ministro Poletti, con la sua simpatica e bonaria cadenza emiliana, ha sviluppato l’altra sera al nostro cinema Metropolis.
In primo luogo non ho colto nel suo intervento una visione strategica sul come affrontare la situazione italiana. Non è emerso un progetto di politica industriale che mi abbia convinto. Non ho compreso quali posizioni abbia il governo rispetto al declino di quel poco che e rimasto della grande industria italiana: mi è parso che l’unico progetto fosse quello di gestire la precarietà.
Ritengo serva ben altro per l’Italia!
In secondo luogo non mi piace che si dica «(…) meglio un po’ di flessibilità a costo di perdere qualche tutela». Stiamo contrattando i diritti con la disperazione dei giovani e di quelli espulsi a 50 anni dal mondo del lavoro?
Inoltre ho sentito dire dal ministro che : «Un lavoratore che viene condannato da un magistrato ad avere un posto a tempo indeterminato non potrà certo lavorare in modo produttivo». Ritengo questa un'osservazione inacettabile di sapore ottocentesto!
A fronte poi dell’indecente pratica dei grandi proprietari di centri commerciali di umiliare i lavoratori facendoli lavorare il 1° Maggio ho sentito queste parole che ritengo assurde: «il 1° maggio diventerà la festa dei lavoratori e delle imprese». Un ragionamento revisionista di destra. Come si può pensare di togliere il 1° Maggio ai lavoratori? Comesi può pensare che si manifesti insieme operai e Marcegaglia, o Marchionne?
E’ un delirio questo cedimento teorico al liberismo questo prendere per i fondelli la tradizione ideologica del movimento dei lavoratori che è stato il vero elemento di progresso che ha portato benessere nel dopoguerra alla società italiana.
Posta un commento