Tre grandi cartelloni pubblicitari piazzati di fronte alla stazione M3 della Comasina hanno attirato stamattina la mia attenzione. Mostrano, ripresi di spalle, tre giovani le cui foto sono sormontate da una grande scritta rossa: "Bella ciao". In basso a sinistra c'è un badge con codice a barre che imita quello che si mette sul bagaglio da imbarcare in aeroporto sul quale si leggono frasi tipo: "il problema non è che partiamo, ma che forse non torneremo" oppure "parto per vedere cose nuove, lo stipendio per esempio" e ancora "l'Italia guarda al futuro, che parte per l'estero".
Cerco di capire chi è l'autore di questa iniziativa per capire qual è la sua finalità e scopro in basso a destra il logo di PiazzaItalia, un famoso brand di abbigliamento giovanile. L'azienda di Nola (Napoli) è titolare di 130 punti vendita diretti, 35 in franchising in Italia e all'estero e fattura oltre 400 milioni di euro.
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La campagna mi ha molto colpito professionalmente (sono un comunicatore) e molto amareggiato insieme. Professionalmente l'operazione è perfetta. Il linguaggio usato, gli slogan, il claim "Bella ciao" che riprende una storica canzone partigiana, un inno che incita alla Resistenza, sono stati scippati alla politica e usati come elementi portanti di un'idea di marketing da un'azienda che offre i suoi prodotti di moda (fabbricati probabilmente in Cina o dai cinesi di Napoli) ai giovani e in questo modo vuole esprimere vicinanza ed empatia al suo target.
Politicamente e culturalmente mi amareggia il fatto che mentre l'impresa sa come parlare ai giovani, dimostra di conoscere i loro problemi ed esprime ai giovani vicinanza investendo milioni di euro in una campagna di comunicazione a sostegno delle loro ragioni (e del suo business), la politica, la sinistra in particolare non parla e non esprime niente a questi cittadini, nè vicinanza, nè empatia. E quel che è peggio si fa rubare a fini commerciali i suoi simboli, le sue parole. Questo piccolo esempio terra terra spiega più di mille ragionamenti il suo fallimento.
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