domenica 21 luglio 2013

L'impero triste di Piazza Armerina e i contrasti di Agrigento

La villa romana di Piazza Armerina nel IV secolo d.C. accoglieva civilmente i suoi ospiti offrendo loro l'accesso a una comoda latrina e alle terme padronali. L'area archeologica della villa del Casale oggi offre loro un WC chiuso per manutenzione da mesi (?). Ma questa italica sbavatura, sommata all'agriturismo sporco e caro nel quale abbiamo pernottato, sparisce di fronte alla stupefacente bellezza e magnificenza della villa. 
Il suo proprietario era probabilmente un alto funzionario imperiale non ben identificato che si era arricchito con il commercio di animali rari ed esotici importati dall'Africa e dall'Oriente per i giochi nei circhi, Colosseo in primis. Molti dei mosaici che caratterizzano le stanze della villa sono infatti dedicati a descrivere la cattura e l'importazione via mare delle fiere: leoni, elefanti, leopardi, tigri, struzzi, cammelli e altri animali.
La villa doveva essere bellissima da ammirare tutta affrescata com'era e pavimentata con mosaici policromi, con scene di caccia, pesca, corse con bighe nel circo, gioco, convivio e scene erotiche. Quello che colpisce è il contrasto tra la ricchezza delle scene nei mosaici e la malinconica tristezza dei volti di tutti i soggetti ritratti, domini, schiavi, liberti, giovani e fanciulle. Come se la consapevolezza della prossima decadenza dell'Impero fosse ormai penetrata a fondo nell'animo degli abitanti della villa. Spontaneo mi è affiorato alle labbra il verso di Verlaine: "Je suis l'Empire à la fin de la décadence".
La grande casa romana però è sopravvissuta al passaggio de "les grands Barbares blancs" che l'hanno vandalizzata ed è stata abitata fino all'epoca normanna, cioè al XII secolo. Merita assolutamente una visita. 
Salutata la villa siamo tornati a Gela per poi dirigerci verso l'antica Akragas dove oggi abbiamo visitato la valle dei Templi, uno dei luoghi più belli del mondo. I tre templi di calcare dorato, splendenti nella luce del mattino sulla cresta del colle, dedicati a Giunone, alla Concordia e ad Eracle dominano il paesaggio e colpiscono per la loro maestà.  
Di fronte ai templi dorici incombe la moderna Agrigento, una città sporca, squallida e deserta nel pomeriggio domenicale, che non offre nulla al visitatore dal momento che il monumento più importante, la cattedrale, è chiusa e transennata da due anni a causa di una frana che ne minaccia la stabilità. 
Domani, dopo aver visitato il museo archeologico, sarà la volta della prossima tappa che è Sciacca, con una sosta a metà strada per un omaggio a Eraclea Minoa, luogo magico alla foce del fiume Platani che secondo la guida del Touring è "l'area archeologica più affascinante della Sicilia", di cui mi aveva parlato magnificandomela per la sua spiaggia, la sua rupe bianca e l'atmosfera sospesa nel tempo, 30 anni fa il mio caro amico Santi Caleca.



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