sabato 6 luglio 2013

I guerrieri di Riace sconfitti dalla burocrazia italica

Tra una settimana esatta parto per il Sud. Quando ero giovane alla fine della primavera sentivo una voce che mi intimava "vai al Sud" come quella che 1.500 anni fa spinse Odoacre e i suoi barbari a invadere l'Italia, e come il re goto Totila, sognavo di arrivare fino a Reggio Calabria per lanciare idealmente la mia lancia nelle acque blu dello Stretto dichiarando: "qui finisce la Langobardia".
Proprio a Reggio volevo tornare quest'estate per mostrare alle mie figlie lo splendore dei Bronzi di Riace, i due guerrieri creati da un artista ignoto 2.500 anni fa. I capolavori dell'arte classica, leggermente iperrealisti, rappresentano l'alfa e l'omega della eterna illusione maschile: il più giovane coi muscoli tesi e lo sguardo abbagliante sprigiona l'energia incontenibile e incosciente della giovinezza, invulnerabile e immortale, il più anziano, dal corpo rilassato e lo sguardo malinconico esprime la consapevolezza e la disillusione di chi conosce la vita e ne ha già misurato i limiti.
Purtroppo non ci andrò, il mio traghetto da Salerno arriva a Messina, ma non attraverserò lo Stretto per andare ad ammirare le sculture in bronzo policrome più belle del mondo. Perché i due guerrieri non sono al loro posto, eretti nella sala del Museo di Reggio (come si vede nella fotografia), ma giacciono ancora pietosamente adagiati sul dorso, come cadaveri di opliti caduti in battaglia, in una sala di palazzo Campanella dal 23 dicembre 2009. "Il Museo della Magna Grecia, dove sono stati esposti per ventotto anni nella pressoché totale indifferenza, è chiuso dalla vigilia di Natale di tre anni e mezzo fa causa restauri. Doveva riaprire un anno dopo, in tempo per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia. Ma come sempre i lavori si sono rivelati interminabili, fra problemi tecnici, pastoie burocratiche e la solita inevitabile carenza di soldi. Causata, manco a dirlo, dalla lievitazione abnorme dei costi: da 10 a 33 milioni di euro", spiega il Corriere della Sera.

I calabresi sono i custodi di due tesori artistici unici al mondo per ammirare i quali migliaia di turisti andrebbero a visitare la loro marginale, anche se potenzialmente bellissima, città e li tengono chiusi da quattro anni in una stanza del palazzo del Consiglio Regionale. Sono matti? No, sono italiani, perché questa delle opere d'arte che tutto il mondo ci invidia, tenute chiuse nei magazzini per i soliti motivi (mancanza di soldi, burocrazia, sciatteria amministrativa, ecc) è una vecchia tradizione italica.
Il nome Italia, del resto, è tramandato dal VI° secolo avanti cristo e designava allora la parte meridionale della Calabria, a Sud dei golfi di Sant'Eufemia Squillace. Un secolo dopo il nome abbracciava tutta la Calabria e la Puglia, seguendo la colonizzazione greca. Nel III° secolo infine comprendeva anche la Campania, successivamente l'Italia centrale, ma sarà Giulio Cesare a estendere il nome a tutta la penisola. 
Aveva un bel vaneggiare Totila con la sua Langobardia. Pochi anni dopo il giovane e biondo re  barbaro venne sconfitto in Umbria da un generale bizantino di 74 anni, l'eunuco Narsete, che strappò l'Italia ai Goti e la riportò sotto lo storico dominio di Roma (le porga la chioma..). La storia, come il sangue e il vino, non è acqua.

4 commenti:

Gianni Rubagotti ha detto...

Affittiamoli all'estero per 40 anni. Verranno visti da migliaia di persona in qualche museo russo o inglese e con i soldi dell'affitto potremo dar da lavorare ai restauratori per sistemare chiese, ville e altri edifici storici che non possiamo spostare.

E pensiamo seriamente anche ad appaltare ai privati la gestione dei musei: perlomeno eviteremo di far girare in tutto il mondo il filmato di un'iniziativa culturale interrotta da una impiegata di un museo perché "era finito il suo orario".

Lasciare il nostro patrimonio artistico ai burocrati significa distruggere cose che all'estero fruttano denaro.

carlo arcari ha detto...

Il Sindaco voleva farlo, ma la cittadinanza con un referendum si è opposta.

carlo arcari ha detto...

Il Sindaco voleva farlo, ma la cittadinanza con un referendum si è opposta.

Gianni Rubagotti ha detto...

Purtroppo l'idea che i beni culturali possano essere gestiti in maniera da generare denaro è ostacolata in tutto lo stivale.
Renzi ha preso 100.000 euro affittando un solo giorno alla Ferrari il ponte vecchio.
Cos'hanno fatto tanti perbenisti? Gli hanno chiesto se avrebbe destinato quei soldi a restaurare e manutenere i tanti beni artistici di Firenze?

No, tutti a scandalizzarsi che "un privato" avesse "invaso" un "bene pubblico".

Perché il punto non è che un bene sia ben conservato e crei posti di lavoro, ma che rimanga "pubblico" a costo di crollare come la Torre civica di Pavia, magari facendo qualche vittima.