In questo scenario trucido di fine
2012, illuminato dai bagliori sinistri del tramonto di un epoca
torbida, dove tutti gli sconfitti vecchi e nuovi, fino all'ultimo useranno il poco fiato
rimasto per lanciare minacce, ricattare, sgomitare per un po' di
spazio mediatico, raccontare menzogne, sparare insulti a
destra e a manca, il discorso di fine mandato del presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, è stata per noi cittadini una finestra aperta sul
futuro dalla quale è entrata aria fresca a dissipare le nebbie e i
miasmi della morente seconda repubblica.
Il Presidente ieri sera ci ha detto la
verità ed ha confermato di avere fiducia nella nostra intelligenza. In sintesi ci ha detto quello che sappiamo tutti. I sacrifici che Monti ci ha imposto erano necessari e lo sono ancora,
ma ora dobbiamo far ripartire la nostra economia e questo non sarà
possibile senza equità sociale, senza allargare la sfera dei diritti
civili, senza sanare lo scandalo delle carceri, senza maggiori tutele
della salute specialmente sui luoghi di lavoro, senza garantire pari
opportunità di un futuro a giovani e donne. La politica, soprattutto,
non può affermare il suo ruolo se le manca la capacità di
condivisione umana e morale della enorme questione sociale creata dalla crisi economica mondiale e dal nostro ritardo a riconoscerla per quello che è: una crisi di sistema.
Il debito pubblico accumulato negli ultimi 20 anni ci costringe oggi a pagare 85 miliardi di euro l'anno di interessi, ma preso atto di questo
possiamo e dobbiamo fare qualcosa per distribuire meglio, subito, i
pesi dello sforzo di risanamento indispensabile, definendo in modo
meno indiscriminato e automatico sia gli inasprimenti fiscali sia i
tagli alla spesa pubblica, che va, in ogni settore e con rigore,
liberata da sprechi e razionalizzata. E lo possiamo fare solo insieme
all'Europa non contro l'Europa.
In passato si è parlato troppo poco
"il linguaggio della verità". Ma avere e dare fiducia "non
significa alimentare illusioni, minimizzare o sdrammatizzare" i
dati più critici della realtà : si recupera fiducia "guardandovi
con intelligenza e con coraggio. Il coraggio della speranza, della
volontà e dell'impegno".
I giovani hanno ragione ad essere
indignati per l'ingiustizia sociale per la corruzione, per le scelte
sbagliate fatte dai governi del passato, ma indignarsi non basta,
come non è giusto fare di ogni erba un fascio. Soprattutto i giovani
devono credere nel loro futuro e impegnarsi in prima persona sulla
strada del cambiamento, entrando nelle istituzioni e nella politica
per conquistarsi il loro spazio. E le istituzioni e la politica
devono far loro spazio.
La diseguaglianza sociale è un freno
allo sviluppo, per questo il nostro Paese deve diventare più civile
e più solidale se vuol ricominciare a crescere. E diventare più
civile significa fare decisivi passi avanti sul piano della legalità
e della lotta al crimine, sui diritti civili, sull'accoglienza degli
immigrati, sulla lotta alla criminalità, sulla violenza domestica
contro le donne.
Per crescere dobbiamo puntare a
valorizzare il nostro vero patrimonio che è la cultura, e la sua
qualità che arricchisce i cittadini e il Paese, il nostro grande
capitale umano.
L'Italia ha di fronte un anno per molti
versi decisivo: possiamo voltare pagina e usare lo strumento
elettorale per darci un nuovo Parlamento che faccia le riforme che il
vecchio non è stato capace di fare a cominciare dalla riforma della
politica, dei partiti e della legge elettorale.
Napolitano ha concluso il suo discorso
dicendo: il rifiuto o il disprezzo della politica non porta da
nessuna parte, è pura negatività e sterilità. La politica non deve
però ridursi a conflitto cieco o mera contesa per il potere, senza
rispetto per il bene comune e senza qualità morale.
Parole di verità. Grazie Presidente,
ne avevamo bisogno. Buon 2013.
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