giovedì 6 dicembre 2012

I 21 caporedattori della Regione Sicilia e la libertà di stampa

I giornalisti italiani "professionisti" , quei pochi cioè che assunti a tempo indeterminato da testate, editori, aziende pubbliche e private o enti locali godono di un contratto giornalistico che garantisce loro buoni stipendi e tutele corporative, hanno un serio problema di credibilità.
Nel tempo, grazie a una concezione tutta istituzionale e dipendente della loro professione che di liberale non ha più nulla, sono diventati una casta e quando vengono toccati nei loro privilegi si ribellano e cercano di difendersi dietro l'usbergo della "libertà di stampa", tirata in ballo a sproposito per tentare di ammantare di etica comportamenti che molto etici non sono.
Il guaio per loro è che essendo una casta minore cooptata dal potere politico ed economico che vive in modo privilegiato alle spalle di migliaia di colleghi meno fortunati, produttori oggi della maggior parte dei contenuti dei giornali e che lavorano in condizioni di estrema precarietà, nessuno li prende più sul serio. E questo invece è un guaio che riguarda tutti perché è l'esercizio della libertà di stampa che ne esce malconcio.
Faccio un esempio tratto dalla cronaca di questi giorni. Il nuovo governatore siciliano, Rosario Crocetta, non appena eletto ha posto mano ai tagli delle enormi e ingiustificate spese dell'ente autonomo. Uno dei primi tagli che ha deciso d'autorità è stato quello dei 21 giornalisti assunti quasi tutti dall'ex presidente, Totò "vasa vasa" Cuffaro, con la qualifica di "caporedattore" che bivaccavano in folta e ben nutrita schiera nell'Ufficio Stampa regionale. ''Che deve farsene la Regione di tutti questi giornalisti? - ha detto Crocetta -. Basterebbero per stampare il Corriere della Sera''. E ha annunciato: ''D'ora in poi ne basteranno quattro, o cinque''.
Come dargli torto? I 21 giornalisti hanno la stessa qualifica, cioè sono tutti ufficiali senza truppa, e per la copertura degli oneri connessi alla loro elevata retribuzione (stipendio, previdenza, tasse, ecc) vengono appostati nel Bilancio regionale circa tre milioni di euro l'anno. 
Della vicenda se ne occupò a suo tempo la Corte dei Conti che, assolvendo Cuffaro e il suo successore Raffaele Lombardo dall'accusa di danno erariale, stabilì che il rapporto di lavoro dei giornalisti con l'amministrazione era di natura fiduciaria e non a tempo indeterminato. Per questo motivo il nuovo presidente della Regione che non ha un rapporto "fiduciario" con i suoi 21 caporedattori da 3 milioni l'anno, ha deciso di farne a meno.
Apriti cielo, il sindacato dei giornalisti e l'associazione della stampa locale hanno alzato alte grida d'allarme contro questa decisione usando i soliti argomenti che vanno dalla lesa maestà di casta alle "21 povere famiglie gettate sul lastrico". L'associazione della stampa siciliana ha tuonato con grande sprezzo del ridicolo: "Questa vicenda è l'ennesimo passaggio di una guerra che in Sicilia parte della classe politica ha intrapreso da tempo nei confronti dei giornalisti di cui si vuole chiaramente svilire il ruolo e la professionalità per asservirli senza mezzi termini e senza remore ai potenti di turno". I 21 capiredattori assunti da Totò Cuffaro sarebbero stati licenziati perché non asserviti al potere? Ma mi faccia il piacere, direbbe l'altro più grande Totò.

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