martedì 30 ottobre 2012

Sicilia-Italia: nello tsunami populista l'argine resta il centro sinistra

Nella canzone-narrazione in stile gramelot "Prete Liprando e il Giudizio di Dio", scritta da Dario Fo, musicata e interpretata da Enzo Jannacci nel 1964, si racconta con la tecnica dei giullari un episodio accaduto a Milano nel Millecento e narrato dal cronista Landolfo. E' la storia di un ordalia o Giudizio di Dio ed è dedicata dai due autori:"a tutti quelli - e sono tanti - che pur essendo testimoni di fatti importantissimi e determinanti dell'avvenire della civiltà, neanche se ne accorgono!".
All'esito delle elezioni regionali siciliane, a quest'ultima ordalia mediatica, abbiamo assistito tutti in diretta televisiva, ma guardare e ascoltare non significa capire. 
Il risultato uscito dalle urne è il seguente: a vincere la sfida per la presidenza della Regione è stato il candidato del centrosinistra, Crocetta, sostenuto da un alleanza PD-UDC; la destra divisa in due fazioni è stata sconfitta e il PdL, ex partito egemone nell'isola è stato malamente punito dagli elettori; il cartello antagonista SEL, IDV, Verdi, FdS non ha superato lo sbarramento del 5% e non entra in Consiglio Regionale,  il candidato del Movimento 5 Stelle, dato addirittura per vincente alla vigilia, ha conquistato "solo" la terza posizione incuneandosi tra le due liste in cui si è spaccato il centro destra; il primo partito eletto della Sicilia risulta essere il non-partito personale di Grillo, il quale per ottenere questo risultato si è sottoposto a un tour massacrante di comizi lanciati da due performance sportivo-mediatiche: l'attraversamento a nuoto dello Stretto di Messina e la salita a piedi sull'Etna; il partito che si è imposto, infine, come vero e unico protagonista della competizione, infine, è stato quello del non voto che ha sbaragliato tutti raccogliendo oltre il 52% dei consensi.
Di tutti questi risultati quali sono quelli nell'ordine i più importanti? Non la sconfitta della destra morente che è ormai un dato scontato, non la terza posizione conquistata dal candidato grillino né la primazia del suo non-partito che ha fatto il pieno dei voti di protesta. I due, anzi tre, risultati "storici" davvero imprevisti, straordinari e degni di riflessione sono 1) l'astensione di oltre il 52% degli elettori 2) la vittoria del candidato del PD, l'ex sindaco antimafia del PCI di Gela, cattocomunista e 3) omosessuale dichiarato come Nichi Vendola (che, non dimentichiamolo, fondò giovanissimo, nei primi anni 80, l'Arci Gay in una sezione del PCI di Palermo) che vive una vita blindata perché la mafia lo tiene da anni nel mirino.
L'enorme e abnorme astensione, unita al voto di protesta dato al candidato grillino, portano al 70% la quota di elettori italiani che attualmente si dicono e sono anti-sistema. Un dato molto preoccupante che interroga tutti, non solo i partiti perché il sistema politico che tutti abbiamo contribuito con le nostre scelte a creare viene oggi "disprezzato" dalla stragrande maggioranza dei cittadini. E' il caso di ricordare che in Sicilia la destra berlusconiana e i suoi alleati avevano ottenuto, dagli stessi elettori che oggi si astengono o votano per protesta il non-partito grillino, la maggioranza assoluta dei parlamentari?
A difenderlo coerentemente, il nostro sistema democratico e costituzionale sul quale oggi due italiani su tre sputano, è rimasto soprattutto il centrosinistra sostenuto dal PD, cioè dal partito che da anni, da sempre, chiede agli italiani di cambiarlo, riformarlo, renderlo più giusto, più equo e solidale, più sostenibile. Ma questa difesa responsabile di un sistema da riformare, non da distruggere, basato sullo sviluppo della democrazia, della legalità e dei diritti come la biografia del suo candidato vincente in Sicilia dimostra, viene scambiata e letta, soprattutto mediaticamente, come un riflesso conservatore.
Il PD ha ragione nei fatti, resta in piedi mentre tutti gli altri cadono, ma non "convince" con le sue ragioni un elettorato ormai drogato da 20 anni di berlusconismo che hanno modificato geneticamente, anche al suo interno, la vita democratica imponendo un modello fallimentare di partito virtuale, guidato da una figura carismatica, costruita solo sull'immagine, sulla demagogia e la delega al leader di tutto, responsabilità, onori e oneri.
Il PD che non ha mai seguito questa tendenza non "convince" perché chiede ai suoi iscritti e agli elettori di fare una cosa che questi non vogliono più fare, cioè tornare a una pratica politica "analogica" fatta di impegno personale, relazione fisica e non virtuale con gli altri cittadini, un'attività tesa al raggiungimento di risultati concreti che producano il cambiamento reale della società. Il tutto inquadrato in una visione complessiva della realtà, che tenga conto di tutte le variabili e non consideri la propria parzialità il tutto, come fanno ad esempio i grillini che hanno chiesto di governare Parma per non cementificare la città, per non costruire un ipermercato e per bloccare l'inceneritore e adesso che governano scoprono di non poter (saper) fare quasi niente di tutto ciò, nemmeno impedire che l'inceneritore entro un anno venga costruito.
C'è chi considera la posizione del PD come un rifiuto della sua classe dirigente a rinnovarsi per contnuare a crogiolarsi nella propria "insufficiente autosufficienza". Ma si tratta di uno stereotipo più che di un giudizio. Il PD che è nato quattro anni fa, cioè è un partito in formazione, sta faticosamente lavorando per costruire il suo modello innovativo di strumento politico a servizio dei cittadini. Ha introdotto le primarie per la selezione dei suoi candidati ad ogni livello che sono un'innovazione assoluta per l'Italia, ha introdotto delle regole che favoriscono la massima partecipazione alla formazione dei programmi e dell'azione politica, ha innovato più di ogni altro partito in Italia. Cosa dovrebbe fare in più per convincere?
Un partito come luogo privilegiato dove educare i cittadini alla pratica politica e alla democrazia è la strada scelta dal partito democratico di Bersani. Una strada lunga e faticosa che non prevede scorciatoie. Le semplificazioni e le scorciatoie populiste e individualiste spacciate per soluzioni innovative pur di non fare le riforme, oggi come in passato ci hanno portato a questo punto. Tirarsene fuori non è possibile per nessuno, tantomeno per quelli che scelgono la politica del disprezzo di tutto e tutti, non votando o votando per il saltimbanco miliardario di turno nella speranza che sia l'uomo del miracolo.

3 commenti:

Gianni Rubagotti ha detto...

Mah la destra sarà morente ma se mettiamo insieme Musumeci e Micciché fa il 45% e se ricostituiamo il polo del buongoverno del 94 dove c'era anche anche l'Udc (oltre il 7%) si va tranquillamente oltre il 50%.
L'altra volta era al 65%...non molto di più.

Il dato forte di queste elezioni è che di fronte a un Lombardo che è stato peggio di un'invasione delle cavallette i siciliani hanno votato ancora in massa a centrodestra.

E' un po' una situazione tipo 93 quando alle amministrative il centrodestra prendeva voti ma era diviso e perdeva. Arrivato Berlusconi si è unito e ha spazzato via la gioiosa macchina da guerra.

Crocetta festeggia ma sarà costretto a trovare voti tra gli eredi di Berlusconi e Lombardo se non vuole che si torni alle urne di nuovo. Urne che darebbero la maggioranza relativa al Mov5S e quindi un presidente grillino che non volendo fare alleanze sia sistemanticamente battuto in consiglio regionale, per poi dover ritornare alle urne...e così via, mentre la Sicilia va verso il default trascinando l'Italia nella sua giungla di debiti e di stipendiati nullafacenti.

D'altro canto l'alleanza PD-pezzi di centro destra è quella che ha tenuto in piedi un Lombardo che a poche ore dal voto continuava ad assumere in una regione piena di debiti...

Paradossalmente io vedo in queste elezioni una sconfitta del centrosinistra: che ha dimostrato di non essere in grado di avanzare unito perdendo voti nella sua divisione (magari nella coalizione SEL e gli altri sarebbero riusciti ad andare oltre il 5% e a dare seggi in più a Crocetta) ma soprattutto di non saper parlare all'elettorato che si sta spostando dai partiti da cui è deluso. Elettorato che in gran parte non è andato a votare e in parte molto minore ha votato Grillo.

E in questo c'è una sconfitta del paese tutto che con questa accozzaglia di schieramenti dovrà confrontarsi per capire chi cavolo ci governerà dalla prossima primavera.

carlo arcari ha detto...

Gianni, la storia non si fa con i se e i ma. I siciliani non hanno votato in massa il centro destra come dici tu. Hanno invece disertato in massa le urne. Crocetta dovrà trovare i voti in consiglio regionale, e se non li troverà si tornerà a votare, fino a quando i siciliani di destra, di sinistra e di centro, non impareranno la lezione. La scelta di fare alleanza con la sinistra+di pietro non avrebbe dato in base ai numeri risultati migliori per il PD del resto la coalizione in quanto tale non dà mai una somma superiore a quella dei singoli partiti.

Oscar Figus ha detto...

Non condivido la tua premessa Gianni, è semplicistico, a mio avviso, sommare insieme istanze che oggi sono divise; se si fossero presentati insieme non avrebbero preso gli stessi voti.

Inoltre è fuorviante parlare delle percentuali come se fossero valori assoluti.

La realtà è che la Sicilia, prima ancora che un anticipo di come sarà la prossima competizione politica è la riconferma di quanto visto nelle amministrative.

Se rileggete l'analisi di Marco Coloretti (e mia) sulle passate amministrative (http://padernoforum.blogspot.it/2012/05/elezioni-il-pd-ha-dimostrato-di-esserci.html) vedrete che si adatta quasi perfettamente anche all'elezione Siciliana.

Dopo di che, nel merito la coalizione che comprende PD e UDC ha vinto perché vince chi esprime il governatore.

Non sarà facile governare perché non ha la maggioranza in Consiglio e c'è stata una forte astensione ma la politica è l'arte della mediazione (non uso apposta la parola compromesso perché compromettente) e confidiamo in Crocetta, figura piuttosto straordinaria non solo per la Sicilia.

Certo non è stato sconfitto il M5S di cui, tra l'altro, mi è piaciuta l'apertura sul fatto che valuteranno nel merito le questioni senza entrare in Giunta, il che mi sembra assolutamente corretto, dopo di che, alla peggio, si torna a votare.

Ha perso invece il PDL, questo è certo, ed hanno perso SEL+IDV+FDS con la strana idea di appoggiare lo stesso candidato (con poi tutti i problemi che ci sono stati) rimanendo divisi, così sono rimasti incontaminati e, visto che nessuno ha raggiunto il quorum, non rischiano certo di sporcarsi le mani.

Quindi astensione e frammentazione sono il problema ? Io credo di no.

Astensione e frammentazione sono un fatto di cui bisogna tenere conto.

Cercare di combatterli, come fanno molti (a destra, sinistra e centro) a colpi di populismo, di slogan, di parole d'ordine, di insulti e di piagnistei aumenta forse il consenso da fazione ma non certo la democrazia e non è la stessa cosa.

Hanno vinto la Sicilia e i siciliani ? Vedremo.

Sicuramente hanno avuto la possibilità di scegliere, ed è molto più di quanto succeda in molti paesi del mondo, forse su questo fatto bisognerebbe meditare di più prima di rinunciare al dovere del voto.