"Restiamo umani" era la parola d'ordine dell'attivista pacifista, difensore dei diritti umani, giornalista e testimone del suo tempo, Vittorio Arrigoni, ucciso da terroristi palestinesi a Gaza lo scorso anno.
Per questo la sua famiglia ha ribadito l'opposizione di principio alla pena capitale davanti alla corte militare palestinese che ha giudicato e condannato all'ergastolo gli assassini del giovane al posto che alla pena di morte come previsto.
I congiunti di Arrigoni, secondo la
tradizione islamica, hanno infatti potuto intervenire nel giudizio e i magistrati hanno tenuto conto delle loro richieste condannando al
carcere a vita i due presunti esecutori materiali (altri due erano
stati uccisi all'epoca dei fatti, durante un tentativo di cattura).
Arrigoni era stato rapito la sera del
14 aprile 2011, mostrato in un filmato in cui lo si additava come
nemico dell'Islam e per il suo rilascio si chiedeva a Hamas la
liberazione di un capo salafita arrestato nei mesi precedenti. Prima
della scadenza dell'ultimatum, l'attivista italiano da tempo
residente a Gaza era stato tuttavia barbaramente assassinato.
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