venerdì 14 settembre 2012

La lunga linea grigia

E' la procedura. Venti minuti dopo che il suo respiro si era fermato, la stanza d'ospedale, spogliata delle apparecchiature servite ai medici per tentare di tenerlo in vita, era ridotta a una scatola vuota e fredda illuminata dalla luce acida del neon. 
Il corpo che era appartenuto a mio padre  era poco più di una piega del lenzuolo che lo ricopriva e io rimasto solo a vegliarlo come una sentinella intorpidita da quel gelo, stavo seduto accando al carrello dell'elettrocardiografo che un'infermiera aveva avviato prima di uscire. E' la procedura. Quando cessa il battito, è previsto che per 20 minuti i sensori dell'apparecchio vengano applicati al cadavere e attivati per registrare eventuali segni di vita prima di affidare definitivamente il defunto agli addetti alla camera mortuaria. 
Mentre la striscia di carta scorreva in un nastro che si ammonticchiava silenziosamente per terra, solcato solo da una lunga linea grigia e piatta che certificava il nulla, io cercavo di ricordare per quali ragioni lo avevo amato tanto. Passavo in rassegna nella mia mente i ricordi dell'infanzia, dell'adolescenza, della giovinezza e della maturità. L'analisi di tutti quei fatti confermava che lo avevo amato soprattutto per il suo carattere che gli aveva fatto fare sempre al momento delle scelte decisive le cose che non gli convenivano. Nessuna delle sue decisioni a me note era stata da lui presa perché gli faceva guadagnare qualcosa. A guidarlo era solo il senso di giustizia e l'adesione ai valori guida della sua vita: coerenza, fedeltà alla parola data, amicizia, generosità, difesa dei più deboli. Valori che egli metteva davanti ai suoi personali interessi ed (è successo) anche a quelli della famiglia. In questo senso mio padre era davvero un anti-italiano anche se amava molto l'Italia. A lui devo molto, nel bene e nel male. 

Sono diventato editore e giornalista seguendo anche il suo esempio. Quando ero ragazzo l'ho visto fare per anni "il Fogliaccio", un notiziario ciclostilato che scriveva, componeva, impaginava e stampava da solo (a volte con il mio aiuto) sul tavolo della nostra cucina. Leggevo i giornali che leggeva lui, Il Giorno in particolare, e quando nel 1975, divenni lettore di Repubblica, scoprii che anche lui aveva seguito Giorgio Bocca e Gianni Brera, suoi giornalisti preferiti, confermando così un'identità di gusti e di visione che forse avevano radici più profonde.
Ero un  suo seguace, ma lui non sembrava interessato a farmi da maestro e questa sua indifferenza ostentata per le mie idee, mi feriva. Per seguirlo avevo fatto anche il paracadutista (50 lanci dal 1966 al 1970), ma egli si guardò bene dal venirmi mai a vedere. Solo una volta me lo trovai davanti ai bordi del campo mentre rientravo col paracadute sulle braccia dopo un atterraggio e molto imbarazzato tentò di darmi ad intendere che era capitato lì per altri motivi.
Crescendo capii che era il suo modo di tenere le distanze, di lasciarmi autonomia e di non volermi imporre le sue idee. Cominciai ad amarlo senza riserve qualche anno dopo quando in occasione di una seria difficoltà causata da un suo errore venne a confidarsi con me e a chiedermi consiglio. Da quel momento mi trattò non più come un figlio, ma come un suo pari e ho amato mio padre come si ama un   amico,  per le sue virtù e per le sue debolezze.
A questo pensavo ieri sera mentre inesorabile la lunga linea grigia dell'inutile cardiogramma scorreva sulla carta a certificare la sua morte. Quando l'infermiera rientrò per fermare la macchina e strappare la striscia da allegare al referto lo salutai per l'ultima volta chiamandolo "papà" e uscii con gli occhi asciutti e il cuore caldo nel buio e nel vento della notte settembrina.



3 commenti:

Gianni Rubagotti ha detto...

Condoglianze, sei stato fortunato ad avere fino alla tua età accanto un padre così. Ma anche tuo padre è stato fortunato: da quello che ho capito lui ha sentito che gli hai voluto bene e gli sei stato vicino fino all'ultimo e ha visto che nella tua vita ti sei realizzato tra l'altro seguendo di tua volontà le sue orme.
Credo che un padre non possa chiedere di più a un figlio e devi essere orgoglioso di avergli dato questa soddisfazione.

carlo arcari ha detto...

Caro Gianni, ti ringrazio per le belle parole e colgo l'occasione per ringraziare tutti quelli tra voi che mi hanno fatto prevenire le loro condoglianze. Grazie a tutti.

lucia ha detto...

ciao carlo....

sono sinceramente dispiaciuta per il tuo " PAPA' " ma paradossalmente...che fortuna avere avuto un genitore così speciale!!! un genitore che ti lascia la più ricca eredità : un cassettone antico,pieno e ricco di splendide memorie!!!

ti abbraccio con sincero affetto!!!

lucia g.