Ciao mi faceva piacere farti avere il mio intervento in Consiglio comunale all'interno del dibattito sull'istituzione del registro delle unioni civili. Sulle pagine dei giornali si parla di una spaccatura nel Pd. Questo però offusca il lavoro importante e il merito del provvedimento, del sindaco e di chi ci crede e lavora.
Mi impegnerò perchè la delibera non si snaturi e perchè la condivisione sia la più ampia possibile. Sottolineo che il mio diritto a dissentire è uguale a quello di qualsiasi altro, ma quando si sottoscrive un patto o un programma, credo poi sia un dovere attenersi. Grazie dell'attenzione
Consigliere Comunale - Comune di Milano
Gruppo Partito democratico
Noi oggi, con la presentazione di questa delibera, parliamo di cosa può e deve, sottolineo deve fare un’istituzione come il Comune per riconoscere diritti là dove lo Stato ancora latita.
Latita perché lo scontro sui temi della famiglia purtroppo in questo paese è vissuto in modo divisorio e ancora molto ideologico.
Questo è un vero peccato, perché in questo modo la politica si ritrova in ritardo rispetto alla società, spesso arroccata su posizioni buone solo per qualche titolo di giornale.
Non è stato così in altri paesi. Guardiamo alla cattolicissima Polonia, dal 2004, dove le unioni civili sono legge e nell’altrettanto cattolica Irlanda, dal 2011, sono riconosciute le coppie di fatto;
Non è così in Francia, dal 1999, in Germania dal 2001, nel Regno Unito dal 2005 in Svizzera dal 2007, in Austria dal 2010, in Ungheria, dal 2007, in Slovenia, nel 2005 in Croazia, dal 2003, nella Repubblica Ceca dal 2006 e tantissimi altri casi.
L’ho fatta lunga, e potevo andare avanti citando i registri delle tante città italiane come hanno fatto i colleghi, perché tutti capissimo di cosa stiamo parlando.
Il Comune deve quindi intervenire, e sopperire in parte, per le competenze che ha : sulla casa e sul diritto ad essa, sui servizi educativi, sanità e servizi sociali e su tutte le materie in maniera assolutamente trasversale.
Si presenta una domanda di riconoscimento che sottende l'assunzione di responsabilità reciproche nelle unioni diverse dal matrimonio.
Tradotto in termini giuridici, la richiesta di una regolamentazione dei diritti ma anche doveri.
Come dice Chiara Saraceno, ordinario di Sociologia della famiglia presso l'università di Torino, siamo di fronte a un'esigenza di «allargamento» del nucleo tradizionalmente inteso.
In tutte le società sono proprio le norme che definiscono i rapporti familiari.
Fino alla riforma del 1975 i figli concepiti fuori dal matrimonio erano ritenuti illegittimi. Questo è un caso esemplare che la famiglia, lungi dall'essere fondata nella natura, è incardinata nel diritto.
Queste tematiche non possono essere risolte con l'evocazione della famiglia naturale e non potendo ricorrere a una legge naturale, una società democratica può e deve stabilire quei rapporti che sono nell'ambito della responsabilità reciproca e nel rispetto dell'altrui dignità.
Ieri, e oggi sui giornali ho sentito e letto che è sulla definizione di famiglia e di “altro” che si discute. Sommessamente, non con intento polemico, vi chiedo di ragionare insieme se in questa sottolineatura non ci sia già il tratto della divisione che diventa discriminazione.
Il vero salto culturale sta qui.
Per me sono una famiglia chiunque per vincolo affettivo decida di vivere insieme una vita. Sì, per me sono una famiglia i gay, ma sono anche una famiglia i due anziani, vedovi o vedove, che decidono di vivere insieme.
Da questo punto di vista è molto più avanti l’ISTAT di quanto lo sia la politica. Siccome però penso che occorra fare, soprattutto in questo paese, un passo, seppur deciso, per volta, mi atterrò ovviamente a quel che decideremo insieme, nella certezza che l’obiettivo primario è la ricerca larga di condivisione senza snaturare i contenuti e le finalità.
Restituire dignità appunto, questo siamo chiamati a fare, per le nostre competenze, questo dobbiamo fare.
L'Italia è uno dei Paesi che sostiene meno anche la famiglia tradizionale.
La si evoca a ogni piè sospinto e si dà per scontato che sia la famiglia a sostenere la società e non viceversa.
Dovrebbe essere interpretato come un segnale importante che persone non obbligate vogliano dichiarare la loro responsabilità reciproca.
Definire a priori quali siano i rapporti responsabili non solo è assurdo ma rende l'idea di una società per certi versi paternalistica.
Mi chiedo veramente in che cosa possano considerarsi lese la coesione sociale e la moralità se due persone che si vogliono bene assumono pubblicamente l'una verso l'altra responsabilità e vincoli.
Si eviti, in quest’aula e fuori da quest’aula, la chiusura in recinti buoni solo per ritagliarsi uno spazio, ma pericolosi per chi deve porsi il problema di sanare vere e proprie ingiustizie e governare una società complessa.
Per questo io vedo con tranquillità e interesse la presa di posizione della Curia milanese.
Non era nelle intenzioni di chi ha scritto e presentato la delibera creare situazioni di poligamia. E’ un riferimento alla legge, proprio perché si vuole essere nella legge, ma se occorre specificare meglio siamo qui, anche per questo.
Auspico un dialogo aperto e collaborativo con il centrodestra, per poter fare un percorso comune, che porti a un risultato prima di tutto utile per i cittadini.
Ho molto apprezzato il tono fin qui tenuto, ho anche ascoltato con grande interesse chi ha assunto nel centrodestra posizioni a mio avviso coraggiose, perlomeno non semplici, utili, a cercare un punto di unione e condivisione.
Ho anche ascoltato chi si è concentrato sull’utilità effettiva del registro.
E qui voglio essere chiara.
Sminuire la portata della decisione è sbagliato in sé per due motivi: il primo perché questo è un passo, forse piccolo e incompleto per alcuni, troppo grande e impegnativo per altri, ma voluto, cercato, importante, e soprattutto giusto.
Il secondo perché non stiamo facendo una gara.
Molti evocano lo spettro del fallimento del registro, presentando chi è a favore come chi mina l’istituto del matrimonio in un derby inesistente. Auspicando una mancata adesione allo stesso come una vittoria del matrimonio civile o religioso che sia.
Questo non è vero per nessuno di noi. E’ una forzatura strumentale e, ancora una volta, atta a creare divisione.
Valuteremo come andrà. Non c’è problema. Come per tutti gli atti, per tutte le decisioni.
Anche se fra un anno saranno solo 100, 50 o tre, o solo la coppia gay che non può leggittimare oggi il suo stare insieme in un altro modo o i due vecchietti di cui sopra, noi avremmo speso bene il nostro tempo, perché quando si parla di diritti, siano essi umani e civili perché inscindibili, anche per una sola persona vale la pena sempre discutere e decidere perché gli stessi gli vengano riconosciuti
Quindi tempi certi, approfondimenti e limature, ma non si snaturi il senso di quest’impegno.
Un'iniziativa che parte da una maggioranza, che coinvolge tutti, che parla al mondo soprattutto fuori di quest’aula, perché così hanno deciso i Milanesi con il voto.
Un’ iniziativa capace di mandare segnali più chiari, con voce forte, da Milano, a chi ci governa e governerà a livello nazionale, sul piano dei diritti civili e della laicità delle istituzioni pubbliche.
1 commento:
effettivamente anche l'incesto nei tempi dei tempi era considerato naturale,ma il diritto lo ha reso un reato e la morale un tabù,anche il fare le guerre è un istinto naturale,ma gli uomini di buona volontà cercano,purtroppo senza riuscirci,col diritto di impedirle o almeno di limitarle.Addirittura i monarchi ricevevano l'investitura da Dio attraverso la mediazione di Vescovi e Papi,ma la democrazia
l'ha trasferita al popolo.
Quindi se due vecchi soli, di sesso uguale o diverso vogliono vivere assieme la loro vecchiaia lasciamoli regolarizzare la loro posizione senza sospendergli la reversibilità della pensione.
Per quanto riguarda gli omosessuali,
se non ostentano la loro diversità per dare scandalo,per me nulla osta.
pierino favrin
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