sabato 12 maggio 2012

L'Italia che non ce la fa va all'assalto di Equitalia


Brigatisti redivivi, terroristi anarchici, antagonisti vari, centri sociali, cani sciolti armati. L'assalto concentrico che da tempo viene portato, in un crescendo parossistico di violenza a base di pacchi bomba, molotov, sequestri di persona, occupazioni di sedi e uffici, contro Equitalia, sembra cogliere di sorpresa i tecnici che stanno pro tempore al governo.
 Un po' meno sorpresi sono i politici che però tacciono o si girano dall'altra parte fingendo di non vedere quanto sta accadendo perché hanno la coscienza sporca essendo loro i primi responsabili di questa situazione.
Equitalia, cioè il luogo dove si vanno a pagare le tasse, è diventato oggi quello che una volta i rivoluzionari, che si ponevano l'obiettivo di rovesciare con la violenza le strutture del potere democratico, chiamavano "il cuore dello Stato". Allora i terroristi e i rivoltosi di ogni colore per colpire lo Stato attaccavano magistrati, poliziotti, carabinieri, agenti carcerari, oggi colpiscono impiegati e dirigenti dell'agenzia incaricata di riscuotere i tributi e le due ministre della Giustizia e dell'Interno, commentando le aggressioni dei giorni scorsi, confermano che è proprio così: "Chi attacca Equitalia attacca lo Stato".
Ma come mai il "cuore dello Stato" si è spostato dai palazzi del potere negli uffici degli esattori del fisco? Chi sono i cittadini che vanno all'assalto dell'ufficio delle tasse da soli o in gruppo e vengono strumentalizzati da terroristi in cerca di un "soggetto sociale" antagonista da rappresentare con le loro azioni armate? Sono i cittadini dell'Italia che non ce la fa, dicono molti commentatori, i quali però non rispondono alla domanda: perché questa Italia non ce la fa più? Provo a rispondere. 
Ciò che accade è la rivolta dell'Italia che si arricchiva o quanto meno sopravviveva nella gigantesca palude del welfare nero che ha occultato per tre decenni le vere dimensioni dell'economia sommersa e illegale, parte integrante del modello sociale made in Italy. La crisi che ha drenato l'acqua della palude ha lasciato in secco molti pesci, ma la stretta che Equitalia spinta ad agire con più forza e severità nell'ultima fase convulsa del governo Berlusconi, poi dalla necessità di risanamento dei conti pubblici del governo Monti e dalla nuove norme fiscali, ha ridotto al minimo ogni possibilità di sopravvivenza per moltissimi imprenditori, lavoratori autonomi e professionisti che di welfare nero hanno sempre in gran parte vissuto.
Saltato questo gigantesco amortizzatore sociale illegale fatto di elusione ed evasione fiscale di massa, utilizzato per anni, prima dai governi del CAF, poi dopo Mani Pulite, dai governi di Berlusconi, il quale infatti affermava che "pagare le tasse era ingiusto", vaste aree di popolazione messe di fronte all'obbligo di pagare l'Iva, l'Irpef, i contributi INPS, l'Imu e magari (l'evasore col fucile a pompa di Bergamo) il canone TV, hanno scoperto appunto di non farcela più. E hanno dato fuori.
L'attacco a Equitalia è l'assalto disperato di un Paese che non ce la fa ad essere "normale" e al posto di prendersela con forze politiche e governi che l'hanno lasciato vivere per decenni in questo modo, e un po' anche con se stesso che è stato ben contento in passato di arricchirsi con i Bot a spese dello Stato (dimenticando che le tasche erano diverse, ma i pantaloni sempre quelli), adesso se la prende con gli impiegati di Equitalia. Ma non è agendo così che l'Italia "anormale" ce la farà. Per cavarsela questa volta non basterà lo stellone e un ritorno al welfare nero e alla vecchia lira da svalutare  non è più possibile. 

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