giovedì 6 ottobre 2011

"Siate affamati, siate folli"

Steve Jobs, il fondatore della Apple, cioè l’inventore dell’informatica “personal”, quella che tende a dare il massimo della potenza alla creatività individuale di tutti noi, è morto a 56 anni di cancro al pancreas. Una morte annunciata pubblicamente da tempo. 
La notizia è stata data da Apple con queste parole sulla home page del sito aziendale dove campeggia una sua fotografia. “Apple ha perso un genio creativo e visionario e il mondo ha perso un formidabile essere umano. Quelli di noi che hanno avuto la fortuna di conoscerlo abbastanza e di lavorare con lui hanno perso un caro amico e un mentore ispiratore. Steve lascia una società che solo lui avrebbe potuto costruire e il suo spirito sarà sempre il fondamento di Apple”.
Scompare così un gigante del nostro tempo, un uomo che liberando se stesso ha liberato tutti. Non è una frase fatta: io ne sono profondamente certo perché ho provato e sentito la forza di questa liberazione sulla mia pelle. Il mio primo vero computer, quello che ho usato per potenziare appunto e far fare un salto di qualità al mio lavoro e alla mia vita è stato infatti un Apple IIe, acquistato usato da un amico programmatore informatico nel 1983. Fino a quel momento mi ero dovuto accontentare del Vic20 Commodore, la tastiera con la quale avevo fatto i primi passi imparando a fare dei programmini di matematica e geometria con il Basic (vi ricordate, if – next – goto...). Il pc Apple era un catafalco con due floppy esterni per dischi in vinile da 5 pollici. Imparai ad usarlo per scrivere, modificare, memorizzare e stampare i miei articoli e documenti (le mie fatture e il mio data base) in un paio di giorni e di notti, leggendo le istruzioni in inglese su delle fotocopie nerastre del manuale.
Oggi può apparire petetico, ma per me allora fu una rivoluzione (nella foto un'immagine del mio glorioso pc). Non avete idea di cosa voleva dire scrivere a macchina un articolo nel primo pomeriggio e portarlo fisicamente nella redazione di un giornale entro le sei di sera (il fax era ancora un sogno). La lettera 32 era una schiavitù che limitava fortemente anche lo stile di scrittura oltre che imporre un modo molto spartano di realizzare e presentare il proprio lavoro. In genere consegnavo in redazione i miei articoli su dei fogli di carta ben poco leggibili, pieni di correzioni a penna e sporchi di carta carbone, a volte bucati dai martelletti della macchina da scrivere premuti con troppa forza. L’archivio poi era una pena: cartelline di cartoncino mensili divise per testata (collaboravo con più giornali) e per anno (1983 colore rosa, 1982, verdino, ecc) piene di copie di dattiloscritti e ritagli di giornale. Naturalmente poi le aprivi e non sempre trovavi le copie al loro posto.
Apple IIe cambiò la mia vita. Niente carta da conservare, niente cartelline colorate, niente buste. Tutto in memoria nei dischetti e la stampante mi forniva copie ordinate e ben stampate dei pezzi richiesti. E poi la scrittura facilitata e resa molto più flessibile e ricca, con la possibilità di apportare infinite correzioni e aggiunte di contenuti presi da altri articoli fino alla stesura finale del documento. Ancora nel 1998 scrivevo con un Mac.
La storia di Steve Jobs è quella delle sue creazioni più innovative. Nel 1974 lasciò l’università, coinvolse il suo ex compagno di liceo e amico Steve Wozniak e insieme il primo aprile 1976 fondarono in un garage di Cupertino la Apple Computer: Apple I fu il primo modello prodotto, ne seguirono molti altri. Wozniak dopo un incidente aereo nel 1984 lasciò Apple e Jobs “arruolò” l'allora presidente di Pepsi, John Sculley. Una mossa sbagliata che lo portò ad abbandonare l’anno dopo la società per fondare Next Computer.
Il 1995 è l'anno più difficile della storia di Apple. Il nuovo amministratore delegato Gil Amelio offre in licenza il sistema operativo di Apple ad altri produttori di pc, poi si fa da parte, ripescando Jobs, che torna dopo 10 anni alla guida della “sua” società nel dicembre 1996. Da lì in poi è la svolta: nel 2002 arriva l'iPod e parte lo sviluppo della piattaforma Itunes, il più grande mercato virtuale legalizzato di musica. Negli anni successivi arrivano l'iBook (2004), il MacBook (2005) ed il G4 (2003/2004), poi l'iPhone e l'iPad. Il successo è confermato dal valore delle azioni Apple che dal 2003 al 2006 passano da 6 a 80 dollari.
Con Steve Jobs scompare una figura che si colloca tra quelle degli uomini che hanno cambiato il mondo. Una volta tanto in meglio.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo ritratto di Steve Jobs è magistrale.
Complimenti.
Vannucchi

Gianni Rubagotti ha detto...

Nella lezione che tiene all'università, facilmente trovabile su youtube e suo testamento spirituale, Jobs racconta che avendo smesso di seguire ufficialmente l'università viveva in un corridoio e seguiva il corso di calligrafia a Stanford, un corso totalmente inutile ai fini lavorativi ma che gli ha dato le nozioni grazie alle quali il Macintosh ha gestito i caratteri (o font).
Ho scoperto un po' tardi il Macintosh, alla fine degli anni 80 al Gadda facendo il grafico: mi ricordo lo stupore nel vedere che la stampante laser in bianco e nero generava caratteri belli come quelli tipografici.
Ed ero io ad averli scritti, composti e stampati!
Oggi è una cosa data per scontata ma allora era già tanto avere una stampante ad aghi...
Chi non conosce il mondo delle tipografie non sa che portata rivoluzionaria ha avuto questo aspetto...software e sistemi hardware costosissimi (i sistemi) nel giro di pochi mesi sono stati buttati dalle tipografie, ragazzini col computer si sono messi a fare i grafici.
Ma Jobs non è solo computer, si dimentica troppo spesso che è anche il vero artefice del successo della prima casa di produzione di film animati digitali, la Pixar.
Se l'America dopo tutti i suoi errori può ancora sperare di essere un grande paese è perché il suo sistema educativo e di business ha dato e continua a dare la possibilità a gente totalmente fuori dagli schemi come Jobs e i creatori di Google di realizzare le loro idee.