Karol Wojtyla è stato un uomo poderoso, ma un uomo, con le sue tante luci e le sue molte ombre. Su queste ombre, nei giorni della sua precipitosa beatificazione, ha cercato di attirare l'attenzione il libro "Wojtyla segreto, la prima controinchiesta su Giovanni Paolo II°" di cui vi propongo la recensione a cura di Gianluca Mercuri. Buona lettura.
Quando si osa ricordare le colpe più o meno gravi commesse dagli uomini che hanno fatto la storia della Chiesa cattolica, la risposta dei fedeli è la seguente: la Chiesa è fatta di uomini con le loro debolezze e miserie. Queste vengono così liquidate, con una scrollata di spalle, affinchè non offuschino i ritratti agiografici che la Chiesa serve al grande popolo dei credenti rapito dalla propria esaltazione religiosa.
Ciò è quanto avvenuto con il pontefice polacco Giovanni Paolo II, la cui beatificazione si è celebrata il primo maggio davanti ad una folla osannante. La stessa che nel 2005 ai suoi funerali lo aveva acclamato "santo subito". Accontentati in tempi da record.
Per chi volesse approfondire la figura del neo beato, senza le adulterazioni tipiche di chi ne riconosce solo il carisma, le qualità soprannaturali o il suo ruolo nell'abbattimento del comunismo, la casa editrice Chiarelettere ha pubblicato "Wojtyla segreto. La prima controinchiesta su Giovanni Paolo II", scritto dal vaticanista de La Stampa Giacomo Galezzi e dal giornalista di inchiesta Ferruccio Pinotti con una prefazione firmata da Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente Cei per l'immigrazione.
Perno della controinchiesta è la deposizione del teologo e padre conciliare Giovanni Franzoni, che ha testimoniato nella causa di beatificazione di Wojtyla, le cui perplessità sul lungo pontificato si assommano a molte altre esposte da eminenti personaggi della gerarchia ecclesiastica, attraverso le quali ne emerge una personalità spesso spregiudicata e poco sensibile alla giustizia terrena.
Attraverso una vasta documentazione, in parte inedita, gli autori raccontano come Giovanni Paolo II: esercitò tramite la Congregazione per la dottrina della fede guidata allora da Ratzinger una dura repressione su teologi e religiosi comprimendo così la libertà di ricerca teologica; mortificò il ruolo delle chiese locali; fu tanto sollecito a tacitare i cosiddetti teologi della liberazione (l'arcivescovo salvadoregno Oscar Romero un anno prima del suo assassinio, al termine di un'udienza con il Papa confessò: "Non mi sono mai sentito così solo come a Roma") quanto nel proteggere i prelati macchiatisi di pedofilia, come il fondatore dei Legionari di Cristo Marcel Degollado - ma questo è il solo il caso più eclatante - e manifestare il proprio appoggio a quei religiosi vicini ai dittatori sudamericani.
Quel papa che ammoniva:" Guai ai sacerdoti che fanno politica nella Chiesa", di politica ne fece e senza molti scrupoli, anche tramite il famigerato Istituto per le Opere di Religione (Ior) attraverso il quale Cosa Nostra riciclava i proventi delle sue attività. Come presidente dello Ior l'arcivescovo statunitense Paul Casimir Marcinkus fu così fedele ad una delle sue celebri affermazioni "non si può governare la Chiesa con le Ave Maria" che il suo nome è passato alla storia della cronaca nera finanziaria insieme a quelli di Calvi, Sindona, Gelli. Nel 1987 il tribunale di Milano emise un mandato di cattura nei suoi confronti che riuscì ad evitare grazie al passaporto diplomatico vaticano.
Queste appena elencate sono solo alcune delle informazioni contenute nella controinchiesta di Pinotti e Galezzi, ma sufficienti a descrivere i 27 anni trascorsi dal beato Giovanni Paolo II sul soglio di Pietro come un periodo opaco, pieno di ombre e ambiguità.
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