“Chiusura positiva in Piazza Affari dopo il voto di fiducia al governo Berlusconi: il titolo Mediaset, sul quale gli acquisti sono iniziati con il risultato del voto alla Camera, è stato nettamente il migliore tra quelli a elevata capitalizzazione della Borsa di Milano con una crescita finale del +3,29% a 4,63 euro”.
Questo sintetico commento d'agenzia a chiusura della giornata borsistica di ieri, spiega meglio di qualunque analisi politica che oggi i giornali riportano, la determinazione e il grande dispendio di forze e di soldi con i quali il miliardario presidente dell’impero televisivo nazionale ha affrontato e gestito la sua risicata vittoria parlamentare. Ingenti somme sono state sicuramente investite per convincere i professionisti del do ut des a scucire il voto, improbabili promesse di future poltrone e prebende sono state fatte per invogliare le signore dalla coscienza sempre in bilico. Il tutto per difendere e far vincere non un'idea o un’azione politica, ma più semplicemente il valore tangibile della “roba” del padrone, necessità che gli italiani capiscono fin troppo bene.
La maggioranza di governo che si è imposta alla Camera con 314 voti contro 311, si regge oggi (domani non si sa) su Pdl e Lega, e su una pletora di soggetti improbabili quali, “Noi Sud-Pid”, il “Movimento di responsabilità nazionale” tra i quali quel Massimo Calearo che Veltroni aveva voluto capolista in Veneto per il PD, e il “Libdem” Maurizio Grassano, tutti “indecisi” fino all'ultimo. In favore del governo si è schierato anche l'ex Idv Antonio Razzi oltre a 3 transfughi del partito di Fini, Catia Polidori, Giampiero Catone e Maria Grazia Siliquini. Come si vede una grande vittoria se si tiene conto che la maggioranza alla Camera è di 316 voti, cioè due di più di quelli messi insieme dal capo del governo che dunque non ha nessuna possibilità di governare.
Se questo è lo scenario competitivo del mercato politico-finanziario si può agevolmente prevedere che quanto prima il titolo Mediaset registrerà qualche brutto scivolone, a meno che gli elettori speculatori non decidano tutti di giocare ancora una volta al rialzo fottendosene del Paese.
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