giovedì 16 dicembre 2010

Lares: il "luogo del cuore" è un deposito biciclette

“In tutti gli anni passati a lavorare alla Lares nessuno di noi avrebbe mai pensato che di tutti i luoghi della fabbrica nei quali abbiamo speso tanti anni della nostra vita, il deposito delle biciclette sarebbe diventato l'unico posto a cui avremmo potuto avere accesso e l'ultimo baluardo eretto contro i licenziamenti. Come avremmo mai potuto immaginare che invece delle biciclette e dei motorini, quel luogo polveroso avrebbe contenuto tavoli, sedie, qualche mobile di fortuna e avrebbe ospitato parecchie celebrità politiche, autorità locali, giornalisti e tv? Invece, purtroppo è andata proprio così...”.

C’è chi, a Paderno, elegge come proprio “luogo del cuore” la dilapidata e dimenticata chiesetta del Pilastrello e chi invece un altrettanto squallido deposito biciclette in una triste fabbrica abbandonata. Io, senza nulla togliere al tempietto dimenticato sulla Comasina, scelgo questo secondo luogo che per me merita di venire definito “del cuore” perché reso tale dai sentimenti, sconforto, speranze ed emozioni, dalla lotta, l’amicizia e la solidarietà di centinaia di persone che lo hanno trasformato da oltre due anni nel loro “posto di lavoro” in difesa del lavoro di cui sono stati espropriati. Il deposito biciclette della Lares è diventato così un tempietto, un topos dove molto probabilmente il significato vero del sacro abita più spesso di quanto non si potrebbe immaginare.

I lavoratori del presidio con la loro dignità, la loro fragile speranza che non ha mai ceduto alla disperazione, la loro unità, la loro coerenza, lo dimostrano. Tutto attorno, nel capannone annerito dal fumo acido della Eureco dove sono bruciati vivi sette operai, nelle case degradate del Villaggio Ambrosiano vendute a cittadini extracomunitari che non riescono a pagare l’acqua e il gas, nelle aziende svuotate in una notte dai macchinari che per poter licenziare meglio i dipendenti usando il fax, nella città assediata dai mafiosi e dai trafficanti di veleni, in tutti questi luoghi, come cantavano i Nomadi 40 anni fa, “Dio è morto”. Nel vecchio deposito biciclette dell'azienda depredata e abbandonata, invece, risorge tutti i giorni.
Anche in occasione di questo secondo Natale amaro, i lavoratori Lares, ringraziano quelli che li hanno aiutati e sono stati loro vicini. Ringraziano le organizzazioni cattoliche del territorio, le parrocchie e i sacerdoti che li hanno sostenuti materialmente e moralmente, i sindacati per l’opera di patronato e per l’aiuto materiale prestato, i partiti politici del centro sinistra e i loro rappresentanti padernesi che hanno appoggiato la lotta e li hanno aiutati concretamente come hanno potuto all’interno delle istituzioni, i cantanti della Scala che hanno organizzato per loro uno spettacolo, la stampa e i giornalisti locali e nazionali che hanno raccontato al Paese la loro storia e continuano a interessarsi a loro. “Grazie infine anche alle nostre famiglie per le rinunce e i sacrifici che pazientemente devono affrontare tutti i giorni – concludono i lavoratori nel messaggio affidato al loro blog -. Grazie per l'amore che ci sostiene e ci aiuta ad andare avanti nonostante tutto”.
Nei ringraziamenti non è inclusa la nostra amministrazione, non sono inclusi il Comune e il suo primo cittadino. Non è inclusa la città di Paderno Dugnano. Ed è giusto che sia così perché  il suo primo cittadino, per loro, non ha mai mosso un dito, se non per parlarsi addosso usandoli al massimo per ottenere qualche titolo in più sui giornali. Il nostro sindaco di loro se ne è sempre sostanzialmente fregato. Scrive letterine melense a Babbo Natale e si vanta di approvare da due anni “bilanci sprint”, documenti nei quali non si stanzia un centesimo per sostenere i lavoratori e cercare di offrire loro delle alternative alla miseria. Questa crisi evidentemente non è uguale per tutti.

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