Considero la Lega un partito popolare figlio di un disagio sociale ed economico reale e di un grande equivoco culturale. Il disagio è quello di chi consapevole di portare tutto o quasi il peso economico e civile del Paese si vede trattato come un mulo da soma sul quale governanti irresponsabili continuano a caricare basti fino a farlo schiattare.
Lo dimostra il trattamento riservato al Veneto alluvionato nel quale per cinque lunghissimi giorni milioni di persone con case e aziende allagate e coperte di fango sono state letteralmente abbandonate a se stesse. L’area allagata era una delle più produttive d’Italia ed è governata dai leghisti, ma il Governo romano, di cui pure questi sono parte, era occupato dai suoi problemi interni, distratto dal bunga bunga che si balla nella famosa villa di hardcore.
L’equivoco è quello di chi inseguendo una soluzione finale del secolare problema meridionale ha pensato di raggiungere l’obiettivo della liberazione del Nord con una secessione mascherata dalla via progressiva del “federalismo”. La separazione delle aree forti e produttive dell’Italia, individuate nell’unione padana, dal Sud improduttivo e criminale identificato nell’ex regno borbonico, era la soluzione di tutto. Questo sosteneva e sostiene ancora Bossi con il suo linguaggio plebeo e ventrale, questo sosteneva con linguaggio più colto e storicamente inquadrato il professor Gianfranco Miglio.
Lo Stranamore leghista, il Merlino nordista del federalismo, vate dell’immagine della “kernel Europa”, cioè dell’Europa delle Regioni contrapposta a quella degli Stati, aveva creduto di individuare nella lega bosina lo strumento della sua battaglia, accorgendosi solo in ritardo del suo ennesimo fallimento intellettuale. Un fallimento dovuto al fatto che Bossi in realtà vedeva la Lega non come il progetto di costruzione di un Italia neo medioevale, dominata dalla mediazione tra corporazioni locali dotate di potere politico ed economico, ma solo come uno strumento per la conquista di un potere personale e famigliare. Miglio non ha accettato l’ingresso nel 1994 della Lega nel governo Berlusconi, figuriamoci se avrebbe accettato la convivenza di oggi in un governo il cui capo appare sempre più colluso con la mafia, stando all’ultima sentenza del processo Dell’Utri.
Nel 1998 Bossi dichiarò: “Fino a quando non sarà fatta chiarezza su che cosa è Forza Italia e su che cosa è la Fininvest, sulle finanziarie e su come pigliavano i quattrini, non ci potrà essere alcun dialogo con il Polo”.
Nel 1998 il quotidiano “La Padania” – organo ufficiale della Lega Nord – ha bombardato Silvio Berlusconi ed i propri uomini con una campagna giornalistica pesantissima, martellante. Alcuni titoli: “Soldi sporchi nei forzieri del Berlusca”, “Un teste al processo Dell’Utri: fu Craxi a spingere B. in politica”, “Silvio riciclava i soldi della mafia”, “Tangenti alla Guardia di Finanza: Silvio condannato a 2 anni e 9 mesi”, “Dove sono finiti i 1.000 miliardi di Stefano Bontade?”, “Un impero di prestanome: caro Silvio, perché li hai usati dal ’68 all’84?”, “Baciamo le mani”, “Così il Biscione si mise la coppola”, “Le gesta di Lucky Berlusca: il curriculum giudiziario del Cavaliere farebbe invidia ad un boss della mafia”.
E’ un fatto che per molti anni la Lega Nord non ha avuto dubbi sulla mafiosità di Berlusconi (vedi foto de la Padania), arrivando a definirlo“brutto mafioso che guadagna i soldi con l’eroina e la cocaina”, “bandito”, “lestofante”, “delinquente”, “il camorrista mafioso di Arcore”, “Berlus-Cosa Nostra”, “un palermitano che parla meneghino”, “uno che ha fatto i soldi con la mafia”, sostenendo che “Fininvest è nata da Cosa Nostra”, che “al Nord la gente è ancora divisa tra chi sa che Berlusconi è un mafioso e chi non lo sa ancora”. Ecco, ci si chiede, cos’è cambiato dal 2001 in poi, quali sono le prove, si presume schiaccianti, vista la gravità delle accuse, che hanno dissipato ogni dubbio leghista? La campagna della Lega sfociò in 10 domande stampate dal suo giornale con caratteri cubitali di questo tenore: “BERLUSCONI SEI UN MAFIOSO? RISPONDI!”. La domanda che si fa oggi al ministro Maroni, gran combattente antimafia, e ai suoi sostenitori è la seguente: il presidente del consiglio ha mai risposto?
2 commenti:
Ho qualche capello bianco anch'io (tra quelli che tengono) e me la ricordo diversa: Miglio ha accettato di buon grado che la Lega andasse col Berlusca, me lo ricordo a fianco di Bossi vestiti in maniera improbabile dopo un summit. Quello che Miglio non ha digerito è il veto che Bossi ha posto alla sua nomina a ministro (difatti hanno messo Speroni). Probabilmente il Senatur non si fidava appieno di uno spirito indipendente come Miglio, sicuramente intellettualmente una tacca sopra di lui. Infatti pochi mesi dopo Miglio faceva inserire un certo Iovine del suo movimento nelle liste di Forza Italia. Chissà perché nessuno di quegli anni ricorda mai che il Berlusconi primo è stato affossato dalla Lega poche ore dopo la presentazione della riforma federale (delirante) di Speroni e la "junta" Dini successiva appoggiata dal festeggiante Bossi il federalismo non sapeva nemmeno cosa fosse. Le uniche riforme in senso federaliste sono state fatte dall'Ulivo con i decreti Bassanini e con la riforma del titolo quinto, che non ha caso la Lega, tornata al governo ha cercato di affossare prima con un referendum e poi con la cosiddetta devolution che toglieva poteri alle regioni.
Nessuno insomma vuole guardare in faccia a una realtà confermata dai fatti storici: la Lega è storicamente contro il federalismo, al di là delle dichiarazioni, e credo per un ottimo motivo facilmente intuibile. Se l'Italia diventa federale i vari Maroni, Borghezio etc....che lavoro faranno?
La Lega resta il partito di riferimento per le costine e le salamelle...solo e soltanto in questa specializzazione assomiglia al partito comunista degli anni 70 e 80.
Baraviera Aris
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