Sul blog dei lavoratori Lares è comparso un messaggio che mi ha riempito di orgoglio e di speranza. Dice: “I lavoratori della Lares sono molto grati ad Oscar Figus, Coordinatore del PD a Paderno Dugnano, per il suo interessamento alla loro situazione e per il sostegno concreto che continua a dare al presidio. Grazie a nome di tutti i lavoratori”. Mi ha riempito di orgoglio e soddisfazione perché Oscar, che è il mio segretario, ha fatto una cosa buona e giusta e sta interpretando correttamente le idee e la volontà espresse dal PD di Paderno Dugnano, dimostrando vicinanza e assicurando sostegno politico e personale alla lotta dei lavoratori. Di speranza perché se questa diventa la prassi di tutto il partito possiamo ancora riprendere il nostro posto alla testa delle masse lavoratrici (sì, ci sono ancora) di chi davvero vuole e può cambiare in meglio questo Paese. Sul fronte del lavoro e della difesa dei lavoratori il PD deve fare una scelta impegnativa e coerente con la sua storia. Anche se questa scelta dovesse significare una rottura al suo interno e la perdita di qualche dirigente. Ho ascoltato ieri (grazie a Radio Radicale che segue tutti i congressi e gli eventi politici) l’intervento di Landini, segretario della Fiom, al congresso di Sinistra Ecologia e Libertà, e mi sono convinto che il mio partito non può continuare a galleggiare su questo problema. Deve scegliere: o rappresentare i lavoratori o sparire progressivamente dalla scena politica per mancanza di radicamento sociale.
Coprire tutti i soggetti del lavoro, dal precariato alle professioni, dai commercianti all’impresa, è un’immagine suggestiva, ma è un miraggio, anzi, sembra il modo per sottrarsi a un dovere storico che non si vuol più fare. Il risultato di questa fuga dalla realtà è che il PD, che nega e rifiuta la lotta di classe, non è più il partito per il quale votano i lavoratori, i precari, i disoccupati, che sono la maggioranza del Paese. Tutti elettori che ormai si rivolgono nel Nord alla Lega e nel Sud alla destra o direttamente alla mafia imprenditrice.
L’Italia, insomma, ci ha ricordato Landini, non è quella che si immaginano i "rottamatori stilnovisti" Renzi e i Civati, leader virtuali di un partito di intellettuali slombati e senza missione che esiste solo sui blog.
Il gioco si fa duro e bisogna scegliere da che parte stare. Anche perché a destra e nel governo, da che parte stare lo sanno benissimo. Nei giorni scorsi ho pubblicato su segnalazione degli operai Lares un articolo uscito su“ Il Sole 24 Ore Lombardia” del 20 ottobre, dal titolo “Le 10 aziende dove la cassa si è trasformata in vitalizio”. Nel testo si diceva in pratica che i lavoratori di queste aziende erano ormai dei pesi morti di cui ci si dovrebbe liberare per destinare i soldi dei loro sussidi al sostegno delle mitiche e salvifiche piccole imprese. E ad affermarlo non era Confindustria, ma la Uil, il sindacato di Angeletti, che è andato in piazza con la Cisl a gridare “10, 100, 1000 Pomigliano”.
A questo articolo hanno risposto i lavoratori Lares, ricordando che la loro condizione è stata provocata da manager e imprenditori incapaci e truffaldini. Oggi risponde anche la Fiom Lombardia per bocca del segretario Mirco Rota. Ecco la sua risposta:
Le 10 aziende citate, quasi tutte metalmeccaniche, si “traducono” in 2167 lavoratrici e lavoratori. 2167 donne e uomini che hanno fatto di tutto per non ricevere alcun “vitalizio” – e sai che sostanzioso vitalizio! - e per continuare a lavorare. 2167 donne e uomini che non hanno alcuna responsabilità nella crisi delle imprese, portate al fallimento o sull’orlo del fallimento dalle scelte dei gruppi dirigenti.
“Concedere ancora deroghe significa risucchiare parte delle risorse destinate alle piccole imprese. Analiziamo caso per caso, ma poi facciamo in modo che queste aziende mettano in mobilità i lavoratori” (ossia li licenzino): è questo il suggerimento della Uil lombarda. Mica male per un sindacato, ossia per un’organizzazione che, teoricamente, dovrebbe rappresentare e tutelare le lavoratrici e i lavoratori. Ci permettiamo di sottolineare che le imprese non hanno alcun bisogno di consigli, quando si tratta di licenziare. A ognuno il suo mestiere: noi della Fiom siamo sindacalisti e ci battiamo perché nessuna lavoratrice e nessun lavoratore venga buttato sulla strada. Se i dirigenti della Uil lombarda hanno deciso di cambiare mestiere, lo facciano sapere non a noi, ma a quelli che dovrebbero difendere dai soprusi.
Il PD deve scegliere, o sta dalla parte dei lavoratori più deboli e sfruttati o da quella di chi vuol farne carne di porco in nome di una competitività che, è già evidente a chi lo vuol vedere, non potrà mai rappresentare una risposta alla crisi perché milioni di piccole imprese non compenseranno mai la mancanza di grandi imprese. La Germania cresce più di noi perché ha ancora grandissime imprese nei settori portanti dell'economia: chimica, microelettronica, telecomunicazioni, meccanica, trasporti. Fare made in Italy non è lo stesso che fare farmaci, robot, aerei e satelliti, perché scarpe, mobili e borsette fanno lusso, ma non fanno ricerca né innovazione, senza le quali non si compete.
Stare con i lavoratori è la mia scelta, e questo significa stare con la Fiom, contro la Cisl e la Uil, che si sono accodate al progetto classista e fallimentare del governo Berlusconi. Con buona pace di Ichino che è un bravo giuslavorista, ma di politica, economia e società, non capisce niente. Non c'è bisogno di essere un professore per sapere che la crisi non si risolve riducendo i diritti dei lavoratori per consentire alle imprese di ridurre il costo del lavoro.
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