domenica 14 marzo 2010

Green Economy: e se cominciassimo dalle biomasse?

Un amico, Marco Comelli, esperto del settore della microgenerazione energetica mi ha mandato questo articolo che vi segnalo per la sua concretezza che ci consente di calare sulla terra lo slogan affascinante della "Green Economy" lanciato da Barak Obama. L'economia ecologica è un nuovo modello di sviluppo che contrasta il modello economico 'nero' basato sui combustibili fossili (come carbone, petrolio e gas naturale). L'economia verde si basa sulla conoscenza delle economie ecologiche e delle economie verdi che affrontano il problema dell'interdipendenza tra l'economia umana e l'ecosistema naturale e che prendono in considerazione l'effetto avverso dell'attività economica sul cambiamento climatico e il riscaldamento globale. Buona lettura. (nella foto l'impianto di cogenerazione a biogas ricavato dal letame di un'azienda agricola di Grazzano Visconti).
Strano destino quello delle biomasse. Sono la fonte di energia sfruttata da più tempo, sono rinnovabili, sono di produzione interna, eppure l'opinione pubblica fa fatica a metterle a fuoco come una delle fonti necessarie ad un panorama energetico nazionale finalmente bilanciato e “pluricolturale”. Tecnicamente, poi, le biomasse hanno il vantaggio di coprire con un'efficienza accettabile tutti i possibili campi di utilizzo dell'energia, dalla generazione di calore a media e bassa temperatura alla produzione di elettricità e ai trasporti. Infine, si adattano bene all'utilizzo sia su grande che su piccola e piccolissima scala con un'efficienza sempre interessante: una stufa a legna domestica è un impianto a biomasse altrettanto conveniente di una centrale elettrica a ciclo combinato da qualche decina di MW alimentata da biogas da discarica.


Secondo le stime di ITABIA, Aper e Fiper, le tre associazioni industriali italiane che hanno a cuore il settore, nel nostro Paese esiste un potenziale di biomasse utilizzabile a scopi energetici compreso tra i 24 e i 28 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (MTEP) l'anno, quasi la produzione di uno stato petrolifero come l'Ecuador. La grande maggioranza di questo potenziale risiede genericamente nei residui, di cui 5 MTEP potenziali da scarti dell'agricoltura e dell'agro-industria, 4,3 della silvicoltura e dell'industria del legno, 0,3 dalle discariche (il dato è annuale, ossia dei rifiuti scaricati ogni anno) e, non una novità ma sempre impressionante, ben 10-12 MTEP dai rifiuti della zootecnia. A questi si devono aggiungere un paio di MTEP dalla legna da ardere e da 3 a 5 MTEP da culture dedicate alle bioenergie (per produrre biofuel, biodiesel, oli combustibili ma anche legna). Di questo potenziale nel 2008 è stato sfruttato circa un quinto, 5,53 MTEP, per la produzione di energia elettrica, energia termica e biocarburanti.
Sulla base delle previsioni presentate dal Governo nel 2007 nel quadro degli accordi europei del 20-20-20, l'Italia dovrebbe sostituire entro il 2020 il 7-8% dell'energia primaria consumata con fonti di origine biologica. Fatti due conti, ciò significa che da 5,53 MTEP provenienti da biomasse bisognerebbe arrivare a 16-18 MTEP: ballano, quindi, 12 MTEP. Ce la si può fare ? Sembra di sì, essenzialmente perché le tecnologie, a differenza per esempio del fotovoltaico, sono già disponibili e mature, e oltretutto diversificate, per permettere di triplicare gli utilizzi in dieci anni a costi convenienti. Ci sono tecnologie per filiere corte e per filiere agro-industriali, un'ottima sinergia con i progressi fatti con la cogenerazione e la trigenerazione di piccola taglia, un esercito di impiantisti e installatori perfettamente formati.
Il quadro degli incentivi è abbastanza chiaro se dalle biomasse si produce energia elettrica, anche se non particolarmente generoso. Niente conto energia ai massimi del mondo come nel fotovoltaico ma una più modesta tariffa onnicomprensiva (comprendente quindi sia acquisto dell'energia e incentivo) pari a 0,28 centesimi di euro a KW/h per il biogas e le biomasse agricole, silvicole e zootecniche e 0,18 centesimi a Kwh. Se invece di energia elettrica si produce calore, si può puntare sugli incentivi delle amministrazioni locali, sulla detrazione del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici e sul fatto che certe biomasse, come il cippato di legno, sono comunque convenienti economicamente se la filiera di raccolta non è troppo lunga.
Le associazioni di cui sopra vedono gli ostacoli soprattutto sul lato organizzativo e di comunità. Le biomasse, in particolare quelle da residui, vanno raccolte e, a parte il caso dell'autoconsumo, questo implica accordi di filiera. E si sa che nel nostro Paese far andare d'accordo categorie e territori diversi su un obiettivo che farebbe comunque guadagnare tutti è più complicato che organizzare la conquista di Marte. C'è poi da considerare l’effetto NIMBY (non nel mio giardino), che ora fa sorgere resistenze persino verso impianti di teleriscaldamento a cippato, cioè scarti della lavorazione primaria del legno. Un problema che si può affrontare e risolvere  solo con la battaglia culturale nella quale dovrebbero impegnarsi per primi proprio i movimenti ambientalisti più consapevoli.

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