Il Partito Democratico di Paderno Dugnano ha deciso di dar vita a un Osservatorio Permanente sulla crisi e l' occupazione per cominciare a definire meglio i confini di questa congiuntura che appare sempre più una crisi di sistema perché coinvolge tutte le categorie di lavoratori di tutti o quasi i settori produttivi. Il degrado delle condizioni di lavoro che accompagna e segue questa crisi per la prima volta nella storia tocca anche professioni fino a ieri considerate più sicure e garantite oltre che prestigiose. E' il caso dei giornalisti, professionisti che esercitano un lavoro fondamentale per lo sviluppo della nostra società perché garantisce a tutti l'accesso alle informazioni necessarie che consentono ai cittadini di formarsi un'opinione personale sulle cose che li riguardano direttamente mettendoli in condizione di conoscere per deliberare. Oggi molta parte dei giornali vengono fatti quotidianamente grazie al lavoro di giornalisti pubblicisti e professionisti ridotti a lavorare in condizioni di precarietà inimmaginabili fino a pochi anni fa. La crisi taglia anche i ricavi dei giornali e gli editori, incapaci di innovare un modello di business e soprattutto di impresa (magari cambiando un'organizzazione del lavoro rimasta identica a quella di 30 anni fa), non riescono a pensare ad altro che abbattere i costi della produzione delle notizie sottopagando i collaboratori che ogni giorno seguono la cronaca che i giornali non riescono più a coprire con le proprie risorse.
Oggi parlando con una giovane collega, pubblicista iscritta all'Albo Giornalisti della Lombardia, che da un anno collabora con il Giorno e da più tempo con altri giornali locali, ho scoperto che i suoi servizi vengono pagati 8 euro l'uno e le fotonotizie 3 euro l'una. "E' assurdo - mi ha detto - spesso scrivo di aziende in crisi, di operai senza stipendio, di lavoratori precari. Forse dovrei cominciare a scrivere anche delle mie condizioni di lavoro". E la cosa ancora più assurda è che lei presta tali collaborazioni sottopagate sulla base di un contratto che fissa regolarmente queste miserabili retribuzioni. Per dare qualche dato di riferimento segnalo che nel 2007 le tariffe minime per le prestazioni giornalistiche fissate dall'Ordine erano per i collaboratori dei giornali locali con tirature fino a 10mila copie le seguenti: 25 euro per una notizia, 60 per un articolo, 93 per un servizio. Come si è potuti scendere così in basso?
"All'inizio ho accettato perché dovevo imparare e il Giorno era una testata importante - mi ha detto la collega -. Speravo naturalmente di migliorare, ma quando mesi fa, dopo due anni di collaborazioni, sono andata a chiedere un aumento, mi hanno risposto che quella era la tariffa pagata dal giornale e se non mi andava bene avrebbero trovato un altro disposto a farlo".
La cosa è inaccettabile e pericolosa. Inaccettabile perché non è possibile pagare, non dico un giornalista, ma chiunque così poco: qui non stiamo parlando di 5-8 euro l'ora, ma di 5-8 euro per un lavoro di responsabilità che si porta via una mezza giornata. Pericolosa perché dalla qualità dell'informazione che i cittadini ricevono dai giornali dipende in buona parte anche il livello di qualità della nostra democrazia. E che qualità è possibile attendersi da una professione che viene esercitata in queste condizioni?
2 commenti:
Ciao Carlo,
purtroppo nel caso dei giornali e dei giornalisti, ritengo che la cause della crisi che stanno vivendo non possa essere interamente imputata all'attuale situazione economica generale. Accentuata sicuramente; ma da una vita ormai, la professione di chi fa dello scrivere la propria passione e il proprio lavoro, vive una dicotiomia deleteria tra la figura del giornalista professionista e il giornalista pubblicista. I cosidetti free-lance, spesso e volentieri giornalisti pubblicisti, sono sempre stati i cinesi delle varie redazioni. Purtroppo quasi mai gli è stata riconosciuta anche la funzione di 'spina dorsale' di ogni redazione. La colpa di questa situazione, che ora si è esasperata ritengo sia da imputare principalmente All'albo Nazionale, che per primo ha stabilito che esistono giornalisti di serie A e di serie B. I pubblicisti ci mettono la passione, la volontà di scendere nel dettaglio, la precisione e la voglia di affermarsi. Purtroppo vengono tenuti per la gola come la giornalista di cui hai parlato. Oltre ai pubblicisti infatti esiste un esercito di semplici free-lance che non vedono l'ora di scrivere il necessario per entrare nella grande famiglia dell'Albo Nazionale. Quindi ci sono anche i giornalisti di serie C. Purtroppo ora il meccanismo sta implodendo. L'Albo Nazionale dovrebbe per primo avere il coraggio di reinventarsi, ristrutturarsi e adeguarsi, tutelango con egual diritto dal primo all'ultimo dei propri iscritti.
Massimo
La crisi ha il suo peso:quando i ricavi pubblicitari calano di colpo del 30-40% un giornale di fatto va in edicola in perdita. Lo dimostra la scelta di Tempi, che fino a settembre usciva abbinato a Il Giornale, che ha deciso di andare da solo in edicola con 75mila copie perchè a non poteva più sostenere economicamente la stampa e la diffusione di 150mila. Quando parlo di modello d'impresa obsoleto intendo quello di un giornale con redazioni sovradimensioate e pletoriche dove "i capi" di tutti i livelli sono di più dei giornalisti producono materialmente le notizie. Intendo quei giornali pieni di pubblicità mascherata da informazione, dove al posto della cronaca ci sono "servizi" di ogni tipo e colore finalizzati a giustificare le inserzioni e locupletare gli inserzionisti. Per assurdo in questi giornali viene più pagato un redattore capace di confezionare uno "speciale" sulle auto o sulle scarpe che un cronista che dedica una settimana a seguire l'evoluzione di una notizia o a realizzare un'inchiesta. Quando la pubblicità viene tagliata questi giornali si scoprono senza un vero pubblico, perché di che cosa vogliono i lettori non si sono mai davvero preoccupati. Se pagassero meglio i collaboratori e riducessero il numero dei capi che non scrivono notizie forse aumenterebbe la qualità del giornalismo e anche i costi migliorerebbero. Senza nominare le tecnologie che renderebbero le redazioni fisicamente inutili o quasi, con enormi risparmi sui costi fissi.
Posta un commento