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giovedì 10 maggio 2012

Il lavoro umano è un diritto o una merce?

"Se i nostri intellettuali non fossero tanto incolti quanto politicamente vecchi avrebbero avvertito, nel dibattito sulla riforma del mercato del lavoro fra il ministro Fornero e il segretario della Cgil, Camusso, il riflesso della contraddizione fra una Costituzione, che definisce (ancora) il lavoro «un diritto», e la domanda di modernizzazione, che lo assimila a una merce esposta alla domanda e all'offerta e all'esigenza di produttività; contraddizione che è anche l'ostacolo che incontrerà il governo tecnico sulla strada della crescita".
Leggere Piero Ostellino, cioè un intellettuale liberale depresso perché costretto a fare i conti con la realtà nazionale che non è mai stata per ragioni storiche e per sua intima natura, liberale, è sempre utile. Nel capoverso che riporto da il Corriere della Sera di ieri c'è infatti il nocciolo della questione italiana: una Costituzione, un sindacato e dei partiti che definiscono il lavoro "un diritto" si scontrano con un ceto imprenditoriale e finanziario che in nome delle esigenze produttive e del profitto vorrebbe assimilarlo e trattarlo come una "merce".
Ostellino ovviamente è convinto che ridurre il lavoro a merce sia la strada giusta da percorrere per "liberare" la nostra economia e far ripartire lo sviluppo. Egli come altri liberisti è convinto che il lavoro come diritto risponda a una posizione ideologica "vecchia" mentre il lavoro come merce rappresenti invece la "modernità", dimenticandosi ovviamente di dichiarare che anche quest'ultima è in realtà un'ideologia vecchia, anzi vecchissima e sanguinosa perché produttrice di odio e violenza sociale.
Ostellino, che non è un ignorante, ma pretende di imporre il suo punto di vista ideologico, rimuove il fatto che il lavoro umano, prodotto dalla carne viva e dal sangue caldo, considerato una "merce" per millenni, è stato con fatica liberato a livello mondiale dalle sue catene grazie alle innumerevoli e sanguinosissime lotte di massa, sindacali e politiche, seguite al manifesto di Marx nel 1848, alla fine della schiavitù in America e alle rivoluzioni socialiste in Russia e in Cina. Riproporre oggi, in Europa, il lavoro come "merce", opponendo l'ideologia liberista che ripropone la benefica quanto invisibile "mano del mercato" a quella socialdemocratica che invece prevede l'intervento concreto e trasparente di tutte le parti sociali nel governo dell'economia nazionale, vuol dire pretendere di riportare indietro le lancette della storia e rimettere le catene della miseria e della subalternità ai lavoratori.