sabato 30 agosto 2014

Resistenza, un ideale incompiuto da mantenere vivo

Come i miei lettori sanno essendo costretto quasi sempre in casa mi dedico a ripassare a fondo la mia Billy per scoprire libri o mai letti o letti frettolosamente anni fa che meritano una più attenta rilettura. 
Così ho scoperto un libro tolto dalla biblioteca di mio padre che avevo scorso velocemente molti anni fa che merita una recensione e una segnalazione.
Cos'è stata davvero la Resistenza e quale enorme importanza ha avuto per il nostro Paese? Ce lo spiega in modo chiarissimo grazie al linguaggio giornalistico che gli era proprio, Giorgio Bocca, partigiano di Giustizia e Libertà, che in veste di storico nel 1966 pubblicò con Laterza "Storia dell'Italia Partigiana", un testo che giudico fondamentale per capire come in soli 20 mesi un Paese e un popolo, guidato da avanguardie eterogenee, poco collegate tra loro e uscite da culture politiche ed esperienze diversissime (comprese quelle delle organizzazioni giovanili fasciste) abbia potuto insieme: liberarsi dall'occupazione tedesca, sconfiggere e schiacciare definitivamente il fascismo repubblichino, stato fantoccio voluto da Hitler per coprire le spalle al fronte Sud del suo esercito, preparare la trasformazione della forma Stato, da monarchia a repubblica democratica parlamentare, con le sue nuove istituzioni, la nascita e il consolidarsi dei nuovi partiti politici. Il tutto nato dalle discussioni presso il fuoco dei bivacchi persi delle montagne madri dove i partigiani erano saliti in armi subito dopo l'8 settembre per costituire i primi nuclei di resistenza. Da soli, dal momento che l'Esercito regio di origine aristocratica e borghese aveva subito rifiutato il contatto e la collaborazione con il popolo preferendo arrendersi vergognosamente al nemico "in divisa".
La sera del 10 settembre dopo che il "Tutti a casa" aveva svuotato le caserme e ogni soldato aveva venduto quello che aveva per mettersi in borghese e scappare, un comunicato del Comando Supremo Tedesco affermava "Le forze armate italiane non esistono più". Ma si sbagliava, i tedeschi avevano scambiato la fuga degli ufficiali per la disfatta della Nazione. Nel vuoto delle caserme abbandonate di Cuneo la stessa sera si vedono ombre lunghe che scivolano lungo i muri per raggiungere le armerie e svuotarle: sono gli amici di Duccio Galimberti che riempiono un carretto di armi, munizioni ed esplosivi per salire verso i primi rifugi della Val Grana. E qualcosa di simile era accaduto in ogni città italiana dove erano nati Comitati di Liberazione ben presto costretti alla clandestinità.
Era cominciata spontaneamente, dal basso, guidata da sottufficiali, ufficiali di complemento e soldati, la Resistenza armata e la rinascita della Nazione. Vecchio e nuovo antifascismo si erano incontrati. Il miracolo racchiuso nella parola d'ordine "resistere subito" aveva radici profonde e lontane, nelle fabbriche, nelle prigioni, nei campi e nelle università, dentro lo stesso fascismo. I diversi antifascismi tenuti separati dal regime di polizia (4.500 condannati dal Tribunale Speciale, 8mila internati, 15 mila confinati, diecimila emigrati, oltre ai morti) confluiscono finalmente in un unico fiume.
Quanti sono i primi soldati della nuova Italia? Il 18 settembre erano già nate: 4 bande in Liguria, 21 in Piemonte, 4 in Lombardia, 8 in Veneto, 1 in Emilia, 2 in Toscana e 4 nelle Marche tra cui un gruppo di circa 200 tra sbandati e partigiani sopra Ascoli Piceno, di cui 50 pronti a combattere, 2 gruppi in Abruzzo. In tutto la Resistenza armata può contare su 1.500 uomini circa, 1.000 al Nord di cui la metà in Piemonte che sempre più si qualificherà nei mesi successivi come la "Vandea partigiana" contro la quale si concentrerà la repressione fascista che si dispiegherà solo dopo la liberazione di Mussolini e la nascita della RSI.
Il 19 settembre con la strage di ebrei rifugiati a Meina sul Lago maggiore e quella di Boves, distrutta e incendiata casa per casa, tedeschi e fascisti faranno la loro sanguinosa dichiarazione di guerra alla Resistenza, una dichiarazione di guerra totale alla quale la risposta non poteva che essere "senza tregua" contro il terrore nero. La Resistenza che nasce è destinata alla ferocia, perché a fronte del terrore diventano feroci anche i mansueti.
Il libro descrive lo sviluppo di questa guerra feroce, raccontando anche chi erano i nemici, nazisti soprattutto fascisti che i partigiani hanno sconfitto: le formazioni regolari dell'esercito repubblichino che avrebbe voluto distinguersi in quanto militari dalle milizie politiche del partito fascista pieno zeppo di ex squadristi e ras di provincia emarginati per 20 anni dal regime e assetati di vendetta, e dalle bande di torturatori sadici delinquenti come la Muti autori di feroci delitti. Alle quali i partigiani delle città, soprattutto Milano e Torino rispondono con la creazione dei GAP perché al terrore fascista si opponga non solo in montagna, ma anche nelle città, la guerra partigiana.
Importanti i capitoli sulle occupazioni partigiane del territorio la più famosa delle quali è la Repubblica della Val d'Ossola che ha consentito una prima esperienza di "governo" combattente, mentre nelle città i politici del CLN sono impegnati a respingere i tentativi di rilancio monarchico appoggiato dagli alleati, soprattutto inglesi.
Il libro della mia edizione (Euroclub) ha 651 pagine e si conclude con il capitolo la Resistenza incompiuta il cui ultimo titolo è "Un lavoro da continuare" nel quale si osserva giustamente che "la Resistenza da sola non poteva rigenerare un Paese degradato da un malgoverno secolare". A impedirla tante ragioni: la guerra fredda seguita alla spartizione del mondo tra le due superpotenze vincitrici, ovviamente, ma anche (soprattutto) la scarsa qualità delle classi dirigenti politiche italiane del dopoguerra. Negli anni 60 Norberto Bobbio affermava: "Il Paese non è diventato moralmente migliore come noi speravamo" e la classe politica si è rivelata totalmente diversa da quella che aveva fatto la Resistenza. Noi tutti lo vediamo ogni giorno da 50 anni: parte dei politici attuali sono individui faziosi, meschini, corrotti e corruttori, moralmente indegni, desiderosi solo del potere grande piccolo, anzi più piccolo che grande, adeguato alla loro miserabile statura morale e umana.
Nonostante ciò la Resistenza resta come un pilastro positivo della Nazione i cui ideali non sono spenti,  ma "incompiuti" e vanno tenuti sempre vivi per continuare ad alimentare speranze e suscitare ansie ed energie di rinnovamento. E' stata, scrive Bocca, "la stagione migliore della nostra vita" e sempre lo sarà.


L'ANPI di Paderno Dugnano ha uno stand alla festa dei pescatori di Paderno (Parco Toti), aperto ieri che offrirà materiale sulla Resistenza ai Cittadini oggi 30 e domani 31.08.2014.

Nessun commento: