sabato 25 gennaio 2014

Il capitale umano è un vuoto a perdere da buttare

"Il capitale umano" di Paolo Virzì, (in programmazione fino al 29/1 a Metropolis 2.0), è un film che fa discutere ed è stato molto discusso. A sproposito quando i brianzoli (il film si svolge in Brianza) si sono sentiti offesi come se la storia narrata fosse una critica al loro stile di vita.
In realtà il film non si rivolge ai brianzoli, ma parla a tutti noi. E' ambientato in una Brianza immaginaria e avrebbe potuto venire girato in Veneto, nel Bresciano, o in un altro luogo del Nord arricchito, messo in crisi dalla recessione globale. Un Nord che si scopre precario e fragile perché ha costruito il suo benessere materiale su valori precari per non dire inesistenti.
"Il capitale umano" racconta proprio questo modello insostenibile di società, così debole che alla prima difficoltà (un incidente stradale, un calo in Borsa) gli adulti che la guidano rovesciano tutti i problemi che la precarietà del sistema provoca, sulle spalle dei soggetti più deboli. I figli, i ragazzi, coperti di oggetti ma non di attenzioni, che quando sono in difficoltà diventano fastidiosi vuoti a perdere da gettare nella spazzatura o armi da usare biecamente ai propri fini. Ho scelto di recensire il film pubblicando le impressioni a caldo di mia figlia Cristina. Buona lettura.



Vedere film come questi è come ricevere un pugno nello stomaco. Un pugno forte e netto alle tue convinzioni. Perché non sono cose nuove quelle che Virzì mette in scena nel suo "Il capitale umano": disagi giovanili, arrivismo, alcool e guida, adulterio, paura. Ma soprattutto la cecità, il vero centro del film. Dino (Fabrizio Bentivoglio) è cieco quando cerca solo di arrivare a conquistarsi la sua collinetta di ricchezza e ignora l'esistenza della figlia, o meglio, la usa senza troppi scrupoli per ottenere i suoi scopi. È cieca Carla (Valeria Bruni Tedeschi) che vive in un mondo di soldi e manicure e non tocca la realtà manco con un dito, riempiendo il figlio di oggetti e svuotandolo di attenzioni. È cieco Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni) che vede le persone e le vite umane solo in termini di capitale.
Il capitale umano, il valore della vita che le assicurazioni calcolano, condensato in 200.000 miseri euro di risarcimento per un incidente mortale. 30 denari d'argento per la vita di un uomo, ma cent'anni di silenzio per la vita dei ragazzi, viziati e coccolati, spinti all'eccellenza, ma abbandonati a loro stessi. I ragazzi, che sono il capitale umano della vita, del futuro, sono pura merce di scambio.
"Il capitale umano" di Paolo Virzì è un film forte, che lascia il segno, un taglio ai polsi e un ciclista morto al ciglio della strada.
Consigliatissimo.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non ci voleva il film di Virzi per mettere a nudo questa realtà basta guardarla vederla e coglierla nella vita di tutti i giorni, ma si sa "non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere"Solo Quando la si vede in un film diventa pugno nello stomaco guardiamo dentro alle comunità di recupero e affini. "Ci siamo giocato tutto anche il futuro dei nostri figli,ORA LASCIATECI GODERE "