mercoledì 8 maggio 2013

La sinistra deve parlare del domani e non del passato

Tra due giorni al Metropolis 2.0 verrà proiettato un film cileno che io consiglio a tutti, soprattutto i militanti della sinistra, di andare a vedere.
A prima vista sembra un film "vecchio", con i colori, le scenografie povere, le immagini girate in economia, il ritmo e lo stile tipico del cinema "democratico" degli anni 70. "No – I giorni dell'arcobaleno" invece è un film del 2012, diretto da Pablo Làrrain, e racconta la storia di una campagna pubblicitaria vincente che ha contribuito in modo significativo alla sconfitta della sanguinaria dittatura fascista del generale Pinochet.
Siamo nel 1988. Il dittatore cileno Augusto Pinochet è costretto a cedere alle pressioni internazionali , soprattutto a quelle degli Stati Uniti, e a sottoporre a referendum popolare il proprio incarico di Presidente (ottenuto grazie al colpo di stato contro il governo democraticamente eletto e guidato da Salvador Allende). I cileni saranno chiamati a decidere se affidargli o meno altri 8 anni di potere. Per la prima volta da molti anni anche i partiti di opposizione avranno accesso quotidiano al mezzo televisivo in uno spazio della durata di 15 minuti. Pur nella convinzione di avere scarse probabilità di successo il fronte del "no" si mobilita e affida la campagna a un giovane pubblicitario anticonformista: René Saavedra, esule tornato in patria e figlio di un noto esponente politico perseguitato dal regime.
Il film racconta la difficoltà dei rappresentanti dei partiti democratici, che ritenevano il plebiscito una trappola e una partita truccata impossibile da vincere, ad accettare di farla la campagna e di seguire le idee di comunicazione di René. La maggior parte di loro, anche i più pragmatici, considerava la campagna un'occasione per raccontare finalmente la verità sulle sofferenze, la miseria, la violenza e gli orrori inflitti al popolo dalla dittatura e non erano interessati ad altro perché non prendevano nemmeno in considerazione la possibile vittoria. Il pubblicitario invece, spalleggiato da altri giovani creativi, musicisti, copywraiter, ci credeva, ma per vincere sapeva che bisognava usare un linguaggio pubblicitario, non politico, e puntare sul futuro senza mettere in primo piano il passato. L'allegria e la gioia della libertà doveva essere il messaggio principale da diffondere, non la paura della violenza e dell'oppressione.
Presenta dunque ai politici del fronte del "no" uno spot del tutto simile a prima vista a un commercial per lanciare un nuovo prodotto, solo che il contenuto del prodotto è la democrazia, la libertà, la fiducia nel futuro, la fine della paura, la gioia e l'allegria che il "no" a Pinocchio, come è soprannominato il vecchio dittatore, porta con sé. 
Molti di questi, soprattutto comunisti e socialisti, reagiscono male, accusano i giovani di voler nascondere la verità, di legittimare il dittatore, di non tenere conto delle grandi sofferenze, delle torture, delle morti, delle sparizioni. Ma la maggioranza è attirata dall'idea di cambiare linguaggio e di provare a battere questa strada, così la campagna ha inizio.
Nel frattempo Renè che lavora in una grande agenzia di comunicazione diretta da un pubblicitario fedele al regime, viene scoperto dal suo capo il quale è consulente del governo per la campagna del "si". Il capo lo stima molto per la sua bravura e pur proteggendolo cerca di dissuaderlo. Il film racconta così anche la sfida professionale tra i due comunicatori combattuta a colpi di spot che si susseguono uno dopo l'altro ogni sera in Tv per un mese.
Il regime minaccia pesantemente Renè e la sua famiglia come tutti gli altri professionisti coinvolti nella campagna del "no", perché si rende conto che è una campagna efficace e che piace alla gente, ma non può andare oltre le minacce perché troppi osservatori internazionali seguono le elezioni. Inoltre il governo fascista è assolutamente sicuro di stravincere perché se è vero che il 40% dei cileni vive in miseria, l'altro 60% sta bene e non si lamenta: i figli studiano e lavorano senza problemi, c'è ordine nel Paese e l'economia sembra comunque in crescita costante. Il golpe militare è una cosa brutta da ricordare, ma appartiene al passato. 
Il risultato della sfida elettorale è storia. Pinochet viene sconfitto, la democrazia vince e l'allegria ritorna nel Paese perché come diceva il pay off della campagna "Il Cile oggi pensa al suo futuro" e ha votato per questo.
Su Repubblica, Federico Rampini, ha dato conto di molte delle critiche rivolte al film, in Cile e negli Stati Uniti. "E’ carino, simpatico e comico il film sulla fine del dittatore cileno Pinochet. Lo descrive sconfitto nel referendum grazie alla geniale trovata del pubblicitario che diede un tono gentile e ottimista alla campagna del “no”. Ma alla sua uscita negli Stati Uniti (dove l’ho visto due mesi fa) il film fu distrutto dalla critica, usando il “fact-checking”. Ovvero la verifica dei fatti. La sinistra cilena sostiene che il film stravolge la storia. La campagna referendaria fu vinta non grazie a uno spot, ma per la mobilitazione capillare che porto` alle urne un popolo della sinistra inizialmente molto scettico".
La critica è a mio avviso infondata. Prima di tutto perché nel film si parla solo della campagna pubblicitaria, non è un documentario sul plebiscito popolare, sui partiti che sostennero la campagna del "no", sulle loro attività politiche. Il film non attribuisce affatto il merito della vittoria ai pubblicitari che fino all'ultimo erano incerti sull'esito, temevano un golpe, brogli,e altre violenze. Il film afferma chiaramente una cosa illuminante nella sua semplicità e verità: in politica se vuoi favorite il cambiamento e sconfiggere il vecchio, devi parlare del futuro e non del passato, devi parlare del bello e del buono che il cambiamento ci porterà e non del male e del brutto che il passato ha provocato.
La considero come comunicatore e militante della propaganda di sinistra, votato da sempre, professionalmente e politicamente alla ricerca del futuro possibile, una lezione da studiare, capire, imparare e cercare di mettere in pratica. 
Insomma il film ci dice: basta dedicare tutto il tempo a denunciare quel 30% di Italia vecchia, disonesta, egoista, reazionaria e antidemocratica che ha portato il Paese al disastro. Cominciamo a parlare solo del futuro, dell'Italia che sogniamo e che crediamo sia possibile costruire a partire da oggi, dell'Italia onesta, ottimista, allegra e che vuole la pace, la sicurezza e la felicità. Dell'Italia che è già maggioranza e che aspetta solo gli si dica che oggi è venuto il momento di pensare insieme al domani.

1 commento:

carlo arcari ha detto...

ps. la sinistra deve parlare del domani, non del passato...e soprattutto non di sé stessa.