lunedì 4 marzo 2013

Voti comprati: l'Italia criminale che inquina la democrazia

La notizia del giorno che apre tutti i TG è quella dello sbarco a Roma dei grillini con i loro due capi. Per me invece è quella dell'arresto a Monza dell'ex assessore monzese al patrimonio del PdL per compravendita di voti dalla camorra.
Venti euro un voto singolo, 50 in caso di voto famigliare. Questa la tariffa secondo il Gip di Monza, Claudio Tranquillo, titolare dell'inchiesta che ha portato in prigione 35 persone tra cui l'ex amministratore monzese del PdL e diversi personaggi che avrebbero gestito le attività criminali nel capoluogo brianzolo negli ultimi anni. Questa inchiesta è simile a quella che aveva già portato in autunno all'arresto dell'assessore regionale del PdL, Zambetti, e aveva provocato la caduta della giunta Formigoni.
Ciò conferma un pensiero che mi gira insistentemente per la testa da lunedì sera, quando è terminato lo spoglio dei voti delle elezioni politiche che hanno visto la clamorosa e inattesa rimonta del partito di Berlusconi. Dove il capo della neodestra italiana ha vinto di più? Nelle regioni dove più forte è il controllo sociale della criminalità organizzata, Sicilia, Calabria, Campania,Puglia e in Lombardia, dove questa criminalità si è intrecciata da 20 anni a quella economica, come tutte le inchieste della Magistratura hanno dimostrato.
Lo scenario italiano uscito dalle elezioni della scorsa settimana è dunque il seguente: il 30% del Paese è rappresentato da un centrosinistra che cerca responsabilmente di salvare l'Italia dalla rovina, il 30% da un centrodestra irresponsabile, pesantemente inquinato dalle bande criminali, che aveva già portato nel 2011 il Paese sull'orlo del baratro, e il 30% da un movimento populista antieuropeo, che disprezza le istituzioni, cavalca la protesta prodotta dal disagio sociale e punta dichiaratamente allo sfascio. 
Se questa è la realtà, e temo sia così, il problema vero evidenziato dal voto è la incapacità della democrazia italiana di autoriformarsi che poi vuol dire l'incapacità degli italiani di autogovernarsi. E una simile carenza non può venire imputata a questo o a quello: siamo tutti coinvolti. Ha ragione Bersani a dire a Grillo: "Tutti a casa? Va bene, tutti però, anche tu".  

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