Il 12 gennaio il Circolo Culturale
Restare Umani inaugurerà allo spazio mostre del centro Tilane la mostra fotografica su Occupy Wall Street. Una trentina di
immagini prodotte da uno dei tanti fotografi "embedded"
nel movimento che ha mobilitato l'america impoverita dalla crisi
economica contro un capitalismo finanziario globale, irresponsabile e
avido,ce lo racconterà con i volti, gli atteggiamenti, l'abbigliamento, gli slogan
dei protagonisti che hanno portato nel cuore della più
importante piazza finanziaria le ragioni del 99% della popolazione
mondiale sfruttata da quell'1% che detiene tutto il resto della
ricchezza.
Sarà anche un'occasione per parlare di
una professione, il fotogiornalismo, che come le altre professioni
dell'informazione e della comunicazione sono state profondamente
cambiate dalla pervasività e diffusione della tecnologia digitale.
Occupy Wall Street, infatti, è stato ed è ancora un grande evento
mediatico alimentato da migliaia di immagini, film e testi realizzati
da altrettanti citizen journalist che hanno diffuso la lotta a
livello mondiale.
Ma a più di un anno di distanza
dall'occupazione di Zuccotti Park il 17 settembre 2011 cosa rimane
del "leaderless resistance movement with people of many colors,
genders and political persuasions" convinto che l'unica
soluzione sia la rivoluzione globale?
In occasione dell'anniversario del 17
settembre 2012, in 30 città del mondo sono state organizzate
commemorazioni e cortei. La comunità che ha preso forma con l'arrivo
a Zuccotti Park, luogo simbolo del gruppo, esiste ancora ma è
meno coesa e sembra dispersa a dimostrazione che è sempre impossibile mantenere viva nel tempo un'iniziativa politica senza leader e senza proporsi sbocchi politici. Il numero degli aderenti rimane fermo a circa 85
mila. "Le riunioni sono crollate sotto il loro stesso peso -
spiegano molti attivisti - si sono concentrate troppo sulle decisioni
della finanza, diventando eccessivamente burocratiche. A un certo
punto non stavamo più parlando di cose reali".
Occupy però, a fronte di questo
esaurirsi della sua spinta movimentista, è diventato oggi un marchio
che rappresenta i movimenti per la giustizia sociale ed economica in
tutto il mondo e molte persone stanno usando questo marchio per
tentare di migliorare la loro realtà. Il professor Mark Naison
della Fordham University di New York, osserva: "Non credo
che Occupy abbia in quanto tale un futuro enorme: penso al
contrario che i movimenti che esso anima e promuove avranno un futuro enorme".
Secondo Huffington Post il
movimento era composto da due anime: gli studenti universitari,
acculturati, l’anima del movimento che hanno elaborato i meccanismi
di gestione dell’assemblea, animato i raduni, preparato i pranzi e
fatto sì che tutti potessero avere uno spazio in piazza; e i senza
fissa dimora, i disgraziati, le persone che vivevano per strada anche
prima che qualcuno gli raccontasse che loro erano il “99%” e che
erano a credito con la società. E che, anche dopo il movimento, non
hanno fatto altro che rimanere per le strade.
Che fine hanno fatto questi militanti,
con storie diverse alle spalle? Sono, ovviamente, cambiati, e hanno
preso strade a loro volta ancora diverse. Alcuni nel primo gruppo, le
élites più istruite, stanno chiedendo l’istituzione di
“comunità agricole dove le persone possono vivere in maniera
indipendente dal governo”. I secondi stanno “liberando”
proprietà abbandonate a Brooklyn, sostanzialmente occupandole,
convertendole in luoghi in cui “agire, creare e vivere”.
Altri si stanno attivando per aiutare
gli americani a liberarsi dal giogo dei debiti contratti per
studiare, per mettere su casa e comprare l'auto o un computer, mettendoli in condizione
di ricominciare da capo provando a impostare un’economia più
giusta.
È questa la filosofia che anima il
gruppo Strike Debt, un movimento di resistenza al
sistema del debito che sta provando a rompere il ricatto dei
prestiti e diffondere l’idea che, in una società come quella
americana, non ci sia vergogna nel non essere in grado di pagare
i propri conti. Il gruppo sta attirando l’attenzione dei media per
avere di recente lanciato Rolling Jubilee, una
campagna di mutuo aiuto che mira ad abolire il debito dei cittadini.
È un esperimento di capitalismo
individuale che utilizza gli strumenti del capitalismo stesso, ma con
uno scopo solidale: Rolling Jubilee raccoglie
donazioni che vengono utilizzate per comprare debiti dalle banche.
Così come fanno le società di riscossione crediti, gli attivisti
comprano i debiti dei cittadini dagli istituti di credito, i quali
spesso li vendono, a pochi centesimi per dollaro, a parti terze.
Queste possono poi cercare di riscuotere l’intera somma dal
debitore oppure rivendere i debiti acquistati a pacchetto. Nel caso
di Rolling Jubilee non avviene né l’una né l’altra
cosa perché lo scopo non è fare profitto, bensì estinguere il
debito di un americano a caso tra tutti quelli indebitati.
É un’azione dalla gente per la
gente. E bastano davvero piccole donazioni per aiutare qualcuno in
difficoltà: con un dollaro si estingue l’equivalente in debiti di
20 dollari. Al momento la campagna ha raccolto 471.999 dollari
che andranno ad estinguere un debito pari a 9.444.811.
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