Conquistati dall'antipolitica e disgustati
dagli scandali dei politici i neoelettori vivono con insofferenza il
presente e guardano con incertezza al futuro. I sondaggi confermano il loro non rapporto con la politica: il 74% la associa alla
corruzione, il 67% a una sensazione di disgusto, mentre al 57% degli
intervistati provoca soprattutto rabbia. Risultato, solo il 62% di
essi vuol andare a votare e quasi tre su quattro considerano
l'astensionismo l'unico modo di protestare contro un sistema che
disprezzano.
Il 76% giudica i politici
"incompetenti", il 67% "raccomandati" e il 60%
"anacronistici e incapaci di rinnovarsi". La metà dei
giovani continua a occuparsi di politica, ma non la ritiene
prioritaria, il resto se ne tiene lontano e solo il 2% si sente ed è
coinvolto attivamente.
Il loro leader politico ideale dovrebbe
avere queste qualità: chiarezza, trasparenza, credibilità.
Sull'agenda politica hanno le idee chiare. Le priorità sono la lotta
alla disoccupazione giovanile, alla crisi economica e alla pressione
fiscale e per quanto riguarda il modo di concepire la lotta un 46% crede ancora
nella protesta di piazza, mentre il 45% preferisce la protesta sul
web e sui social media.
Il partito del non voto o del voto
virtuale insomma è vincente tra i giovani che confermano in questo modo il
loro rifiuto della realtà. Come dargli torto, dicono tutti.
Eppure hanno torto.
La politica in Italia è sempre apparsa così ai giovani delle generazioni del dopoguerra. Corruzione,
scandali, inciuci sottobanco, storie torbide e incompetenze della politica, dei
partiti e dei leader politici, hanno sempre riempito le prime pagine
dei giornali, dal 1950 a oggi. Ma questo non ha tenuto lontani i
giovani dalla cosa pubblica, dalla militanza nei partiti,
dall'impegno e soprattutto dalla speranza. Sono solo i giovani d'oggi
che sperano, estraniandosi dalla realtà, di non venire coinvolti e
di salvarsi l'anima. Sbagliano a fuggire sul web per creare lì la loro "isola che non c'è" e a cercare nel modello di
relazione virtuale la comunità che materialmente rifiutano.
Le generazioni precedenti non hanno mai fatto
così. A stragrande maggioranza, per 40 anni, si sono impegnate e hanno cercato la loro strada nei partiti storici della democrazia italiana,
fino alla fine della prima repubblica. Poi hanno dato vita ai nuovi
partiti che ne hanno raccolto in parte l'eredità o hanno fatto nascere
nuovi soggetti politici.
La reazione giovanile di "disgusto" di fronte alle difficoltà di far nascere il nuovo, è deludente per noi anziani perché non comprendiamo come una generazione di giovani più colti, più competenti, più protetti di quanto siamo stati noi in gioventù, pretenda di non sottoporsi a
un'adeguata preparazione basata sul confronto con l'esistente prima della creazione della loro proposta. Una politica nuova non può non avere un fondamento culturale
e politico, cioè una visione e un ideale ancorati alla necessità di
dare nuove risposte ai bisogni della società dopo un logico periodo di sperimentazione.
Un tempo ai giovani impazienti, subito delusi e tentati dall'estraneità, si diceva: a studiare, a
studiare, e poi sporcarsi le mani. Un'esortazione che è ancora
valida.
2 commenti:
Caro Arcari mi stupisco che uno come te non vada oltre alle tue conclusioni così semplificate si potrebbe dire opportunistiche.Ti consiglio di leggere il libro di Barrico i barbari saggio della mutazione.Anche se può risultare un LIBERCOLO rispetto a tanti classiciil linguaggio lo rende chiaro rispetto al tema che tu oggi tratti. ci sarebbe molto da dire ex basta vecchi opulenti che provocano i giovani dal sapore di chi "io mi sono sevito ho dilapidato quello che rimane arrangiati!usa gli strumenti che vuoi x sopravvivere se la tu famiglia è benestante bene altrimenti accetta di essere shiavizzato perchè non c'è ne politica ne movimenti a cui ti puoi unire x riscattarti SIAMO INDOTTI A DIVENTARE DEI BARBARI ec..
Caro anonimo, non capisco. Ai nostri tempi gli anziani si ponevano davanti a noi come esempi da superare, ma da rispettare, perché qualcosa per noi lo avevano fatto, Tu sostieni che per i nostri figli noi 60enni non hanno fatto (e non stanno facendo) niente, solo dilapidato? Mia figlia maggiore ha 40 anni, due lauree e un lavoro professionale e se non riesce ancora a superarmi psicologicamente è un problema suo per il quale io non posso farci niente. Devo suicidarmi forse per farla sentire più libera?
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