venerdì 25 gennaio 2013

Economia: il New Deal secondo la CGIL

Arriva sul tavolo del confronto elettorale un New Deal targato CGIL. La sua segretaria generale Giovanna Camusso, aveva dichiarato nel novembre 2012 che il governo Monti con la sua politica aveva aumentato le disuguaglianze, a dicembre aveva detto a chiare lettere che la disoccupazione all'11% in crescita per il 2013 non era più sostenibile. E adesso, a nome del più grande sindacato italiano, presenta il suo "Piano per il lavoro" a distanza di 64 anni da quello firmato Di Vittorio.
Al centro del piano di Giovanna Camusso ci sono i giovani e la creazione di posti di lavoro, obiettivo al quale possono essere destinati 50-60 miliardi di euro nel triennio. Secondo la CGIL, la sua attivazione avrebbe un impatto, nel 2013-2015, di un +2,9% sull'occupazione, +3,1% sul Pil e riporterebbe la disoccupazione ai livelli pre-crisi.
Il tasso di disoccupazione quindi potrebbe scendere al 7% nel 2015 (9,6% nel 2013 e 8,5% nel 2014). Il Pil, sempre sulla base delle stesse proiezioni, potrebbe segnare una crescita cumulata del 3,1% e una forte spinta arriverebbe dagli investimenti (+10,3% sempre nel triennio).
Queste misure porterebbero anche all'aumento del reddito disponibile (+3,4%) e ai consumi delle famiglie (+2,2%). Le risorse vanno destinate principalmente a un piano straordinario di creazione "diretta" di posti di lavoro (15-20 miliardi), al sostegno all'occupazione e agli ammortizzatori sociali (5-10 miliardi), ad un nuovo welfare (10-15 miliardi), ai progetti operativi (4-10 miliardi) ma anche alla restituzione fiscale (15-20 miliardi). Per recuperarle la strada è quella della riforma organica del sistema fiscale, con un allargamento delle basi imponibili, una maggiore progressività delle imposte ed una patrimoniale sulle grandi ricchezze, insieme ad un recupero strutturale dell'evasione con entrate previste in almeno 40 miliardi annui.
Altri 20 miliardi di risparmi strutturali possono essere generati dalla riduzione dei costi della politica e degli sprechi e dalla redistribuzione della spesa pubblica. Insieme ad un utilizzo programmato dei Fondi strutturali europei. Anche il riordino delle agevolazioni e dei trasferimenti alle imprese può consentire il recupero di almeno 10 miliardi. Il piano punta anche su un ritrovato protagonismo dell'intervento pubblico come "motore" dell'economia basato sul ruolo della Cassa depositi e prestiti.

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