Vigilia di Natale in cucina. Da questa mattina le donne mi hanno messo di servizio ai fornelli nella casa di mia madre a Chiavari. Ho già fatto il polipo per l'insalata di mare, non avevo i sugheri da mettere nell'acqua per propiziare l'ammorbidimento dei tentacoli e mi sono arrangiato col bicarbonato.
Ho cucinato con cipolla e alloro un chilo di fegato tagliato a pezzettini (vitello, pollo) più un pezzo di fesa di tacchino per addolcire il composto salato pepato e aromatizzato da un bicchiere di Vecchio Florio. L'ho fullato e amalgamato con 500 grammi di burro, l'ho versato negli stampini dove in precedenza avevo già messo la gelatina vetrosa e adesso mi manca solo di prepare una spuma di prosciutto cotto molto amata dalle mie figlie adolescenti. Quella più grande arriverà domani mattina, direttamentea tavola.
Quest'anno il pranzo verrà apparecchiato nel salone della casa che mio fratello ha affittato sulla collina di Leivi a 50 metri da quella del suo amico Fossati. Saremo in 15 e l'unico assente sarà mio padre, mancato a metà settembre. Ieri le mie due ragazze hanno preparato il presepe per la nonna con le stesse statuine che da bambino, nella casa di via Ornato a Niguarda (una delle tante case della mia vita), mettevo io sul tappeto di muschio vero che allora si trovava facilmente da quello che ti vendeva l'abete natalizio.
Stamattina mentre cucinavo con addosso il grembiule che usava mio padre e impugnando i suoi arnesi, coltelli, forchettoni e casseruole, appoggiato allo sgabello alto sul quale si riposava per non stare sempre in piedi davanti ai fuochi, mi sembrava di essere lui; ero diventato il maschio anziano della tribù, il più vecchio, e agitavo con sicurezza il mestolo di legno, simbolo del comando e dell'autorità.
Mai come in questo momento sento di appartenere anima e corpo alla mia famiglia, di essere parte di una storia più grande che procede nel tempo; ed è una sensazione bellissima, di sicurezza, pace e serenità che auguro a tutti voi di provare. Buon Natale
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