Berlusconi e il ridotto della Valtellina

Berlusconi ultimo atto. Dopo la vittoria di Bersani alle primarie del centrosinistra, l'ex leader del centro destra italiano ha tolto l'appoggio al governo Monti e annunciato la sua ridiscesa in campo azzerando le primarie del PdL e con esse la possibilità di rinnovamento del suo ex partito.

Scende in campo armato del suo classico trovarobato di slogan fasulli e promesse improbabili da proporre a un elettorato che crede ancora "suo", ammantate dal solito intramontabile argomento, l'unico che egli ripete ossessivamente da 20 anni: no al comunismo. La sua visione dell'Italia, infatti, è ancora quella del 1948 e se ne avrà la prova quando tra poco ricomincerà a mandare in onda su Rete 4 i film della serie di Don Camillo che costituiscono la sintesi somma del suo pensiero e della sua analisi politica.

Lo fa perché è arciconvinto che questo sia l'unico argomento capace di riunire dietro la sua immagine, pesantemente inceronata e sfigurata dai posticci come la maschera di un vecchio guitto che a 76 anni vuol recitare ancora le parti del giovane protagonista, i famosi "moderati" italiani. E che ci sia ancora nel nostro Paese qualcuno disposto a turarsi il naso e votarlo pur di impedire all'odiato "comunismo", capeggiato dall'unico politico socialdemocratico che ha fatto qualche liberalizzazione in Italia, è una previsione fondata. Qualcuno si trova sempre. Solo qualcuno però.

Berlusconi, a mio avviso, sottovaluta molto il degrado subito negli anni dalla sua obsoleta "offerta" politica reazionaria, e non vede la profonda delusione che il disastro del suo precedente governo e soprattutto i suoi comportamenti personali, hanno suscitato nei suoi ex elettori. I quali molto probabilmente alle elezioni di primavera si divideranno in quattro tronconi principali: i suoi fan che lo seguiranno comunque, i moderati veri che si sposteranno verso il centro di Casini e Fini, quelli che sceglieranno di votare Grillo e infine, probabilmente la maggior parte, che si asterranno.

Il risultato di questa frammentazione da lui stesso provocata segnerà a fuoco un fallimento che questa volta non sarà solo politico, ma anche e definitivamente personale. Se poi come ampiamente prevedibile, sarà sconfitto anche in Lombardia dove ha già spaccato il centro destra (CL e i moderati appoggeranno Albertini) con la sua scelta a favore della candidatura Maroni, la partita per lui sarà chiusa per sempre.