lunedì 16 aprile 2012

Politica e antipolitica: chi vincerà?

Oggi l'argomento principale sulle prime pagine dei giornali è la crisi ireversibile dei partiti insidiati dal trionfo dell'antipolitica. Un trionfo dato per scontato soprattutto dai segretari dei principali partiti del centrosinistra, veri specialisti nell'autolesionismo mediatico, incapaci nei passaggi difficili di tacere davanti a un microfono (non ci sono più i leader di una volta), quasi si cibassero a colazione di scopolamina e pentothal.
Ma stendendo un pietoso velo sulle inadeguatezze della nostra classe dirigente resta il dato non occultabile: l'antipolitica è destinata ad aumentare e a giocare un ruolo nelle prossime elezioni occupando lo spazio lasciato libero dai movimenti antipartito della seconda repubblica, rivelatisi corrotti quanto quelli della prima.
A Paderno Dugnano viene dato in crescita il Movimento 5 Stelle che finora non ha fatto nulla di significativo in città se non comunicare la sua esistenza in vita. La sola esposizione del simbolo riconducibile a Beppe Grillo gli ha regalato alle ultime elezioni regionali del 2010 un 3,9% di voti in libera uscita un po' da tutti i partiti, ma soprattutto da quelli della sinistra e dei Verdi.
Questi ultimi per contrastare la tendenza sono corsi ai ripari dando vita alla "Rete ecologista civica" che tenta di proiettare il vecchio gruppo dirigente nel futuro rinnovando i messaggi e il target con uno sforzo di comunicazione e immagine basato prevalentemente sul web. 
Il gruppo dirigente del centro sinistra locale, invece, dopo essersi ripreso dallo shock seguito alle sconfitte nelle Amministrative del 2009-2010 ha reagito in modo corretto, entrando in tutti i comitati di cittadini (promuovendone alcuni) nati a difesa dei beni comuni quali ambiente, territorio, acqua, servizi sociali, casa, sicurezza sul lavoro, occupazione, legalità, partecipando alle loro lotte e portando le loro istanze alla discussione dell'assemblea cittadina. Ha comunicato con puntualità la sua azione e i risultati ottenuti e ha ricominciato a esercitare il suo tradizionale ruolo di rappresentanza guidando l'opposizione all'interno delle istituzioni, ma tutto questo non ha portato a un aumento della sua base militante e la partecipazione alla vita del partito non è per niente soddisfacente.
Ad essere in crisi sembra l'idea stessa di partito, cioè del luogo della mediazione "alta" dove gli interessi e gli obiettivi dei singoli gruppi sociali rappresentati vengono trasformati in programma politico e proposta di governo. Quella che i cittadini, ma anche alcuni iscritti al partito negano nei fatti è proprio la mediazione e la condivisione del programma che ne deriva, cioè l'essenza stessa della politica. Se a questo rifiuto della mediazione si aggiunge poi il rifiuto di assumersi personalmente l'onere e l'impegno di agire politicamente nella società, cioè promuovere e sostenere iniziative sociali in nome del partito, il cerchio della non partecipazione si chiude su sè stesso e lascia il campo libero all'antipolitica.
Questa che scorre anche all'interno dei partiti è l'antipolitica vera che vanifica gli sforzi di chi invece la politica la vuol fare perché un programma e una proposta di governo, frutto della mediazione tra gli interessi sociali rappresentati, ce l'ha. 
La ragione di questo fenomeno regressivo non è una sola. Pesa molto infatti sul PD padernese la continua incertezza della direzione nazionale che non riesce a dissipare i dubbi sulla sua reale coesione e univocità messe in forse dalla inesausta guerriglia interna portata avanti da correnti e singoli leader tra i quali il fondatore stesso del PD, oggi in minoranza. Il fenomeno deleterio si riflette a livello locale e si esprime nella non partecipazione alla vita del partito che di fatto viene portato avanti concretamente da un 30% scarso degli iscritti.
Il successo dell'antipolitica sta tutto qui: è molto facile stando fuori dalle istituzioni e partecipare da "turisti" alle lotte sociali, predicare usando toni più radicali del necessario e sentirsi "migliori". E' molto meno facile farsi carico della necessità di lavorare dentro i grandi partiti che già ci sono, per rinnovarli, cambiare il loro modo di proporsi agli elettori e di governare la rappresentanza ottenendo risultati tangibili e costruendo insieme il cambiamento e il futuro.

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