giovedì 1 marzo 2012

Caro Lucio ti scrivo...

La prima immagine che ho avuto di Lucio Dalla, uno dei più grandi cantautori italiani in carriera dagli anni 60, non è musicale, ma cinematografica. 
Il film era "I sovversivi" diretto dai fratelli Taviani, uscito nel 1967, quando Dalla era agli inizi della sua straordinaria storia artistica. Oggi, nel giorno della sua scomparsa a pochi giorni dal suo 69simo compleanno ricordo ancora la scena di quel film in bianco e nero, in cui si vedeva il giovane Lucio, uscire nudo dal bagno coperto letteralmente da un vello scimmiesco fatto di lunghi peli scuri appiccicati alla pelle. Il film, un prodotto della prolifica scuola bolognese emiliana alla quale il cantautore era molto vicino (Pupi Avati prima di fare film aveva suonato con Dalla in un complesso jazz) si svolgeva sullo sfondo dei funerali di Togliatti, capo del partito comunista. 
Lucio Dalla impersonava Ermanno, laureato in filosofia che lavora con Muzio un fotografo, militante del PCI. Ermanno si rivela, soprattutto dopo la grande cerimonia funebre, ribelle, anticonformista e individualista. Gli altri personaggi sono Ettore, un esule venezuelano che non ha voglia di tornare nel suo paese per prendere il posto di un compagno ucciso dai governativi; passa il giorno con la sua amante minorenne e con gli amici, discutendo della necessità della rivoluzione. Sebastiano è un funzionario del partito che un giorno scopre tornando a casa che la moglie ha un'amante lesbica e tenta invano di reprimere la sua scelta.
Un'altra immagine cinematografica che ho di Dalla è quella più recente del film di Pupi Avati "La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone", un film stralunato interpretato da uno strepitoso Ugo Tognazzi , da Gianni Cavina e da un grottesco Paolo Villaggio. Lucio fa una particina anche qui esibendo il suo fisico scimmiesco nelle vesti del potatore incaricato di tagliare con una sega meccanica il famoso fico.
Mio padre che nei primi anni 60 lavorava a Bologna e frequentava i suoi locali notturni diceva di averlo visto molte volte a notte fonda, alla stazione, dove passava il tempo a parlare con i ferrovieri e i postini che aiutava a scaricare i sacchi di posta dai vagoni. Lucio Dalla è stato un personaggio straordinario, figlio della sua epoca, di un'Italia in bilico tra il dopoguerra e una modernità subita ma poco amata. Un sentimento di cui nelle sue canzoni si coglie chiaramente una nota nostalgica.
Quella che preferisco e alla quale mi sento più legato  è "L'anno che verrà" (caro amico ti scrivo.), che canta il tramonto della speranza di rivoluzione, della fine della giovinezza e dell'amore per quegli anni vissuti senza rete.

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