Nei giorni scorsi la sentenza del processo "Infinto" che ha condannato 110 mafiosi, molti dei quali identificati durante la cena al Centro Falcone e Borsellino registrata e filmata dalle Forze dell’Ordine, ha spinto i giornalisti della stampa locale a tornare ad intervistare i frequentatori dell’ex centro sociale, chiedendo loro un’opinione sui fatti.
Sulle pagine de il Giorno di lunedì 21 novembre, ad esempio, vengono riportate alcune battute raccolte tra gli anziani, in verità poco significative. Meno banale e degno di nota invece mi è sembrato il commento di quello che la cronista definisce “il volontario di turno dal bancone del bar”, cioè un membro dell’associazione che oggi lo gestisce. Questo anonimo gestore ha dichiarato: “oggi tutto qui è tornano alla normalità dopo tanta fatica e oggi da quella porta non entrano più nè la politica nè la malavita”. Cioè la “politica” nella percezione di questo padernese equivale alla “malavita” e la sua presenza non deve pertanto venire ammessa in un centro sociale.
Tale affermazione è preoccupante e invita a riflettere sul livello, non dico di cultura, ma di semplice educazione civica delle persone alle quali questa amministrazione ha affidato la gestione di una struttura sociale. Non era durante il fascismo che nei bar e nei locali pubblici venivano esposti cartelli con l’intimazione: “qui non si parla di politica”? Sono bastati due anni di Alparone al potere per riportare Paderno Dugnano allo spirito e alla cultura degli anni ’30?
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