venerdì 20 maggio 2011

L'industria verde made in Italy: Nylon dalle reti abbandonate

Come nasce, chi la fa e chi la sostiene l’innovazione tecnologica che sta alla base della riconversione ambientale della nostra economia? 
Per saperne di più ieri mattina ero a Lubiana, capitale della Slovenia, ad assistere alla inaugurazione ufficiale del primo impianto industriale al mondo destinato a riciclare il Nylon6, usato per tessuti, moquette, componenti per auto e tecnologici, e reti da pesca, trasformando al 90% i rifiuti di questi prodotti destinati alla discarica in nuovo monomero vergine. In pratica è come trasformare le bottiglie di PET, non in PET di seconda mano, ma in etilene identico a quello che esce dalla raffineria.
L’impianto frutto della ricerca e dell’investimento di un’azienda di Trento, la Aquafil, produttore numero 1 in Europa di filo per moquette e numero 2 del mondo ha per ora la capacità di trasformare 11mila tonnellate l’anno di rifiuti in 10mila tonnellate di monomero con grandi risparmi di petrolio, emissioni e inquinamento. Ma non solo, l’aspetto forse più qualificante (e affascinante) del suo progetto è che il 30% dei rifiuti trasformati in nuova materia prima è costituito da reti da  pesca abbandonate, in mare o in discarica, raccolte in tutto il mondo nei principali porti pescherecci. Un’iniziativa che rimuove dall’ambiente naturale un pericoloso assassino di pesci, mammiferi e altri animali marini, perché la rete abbandonata in mare continua da sola a pescare e uccidere inutilmente per anni. Si calcola che le reti e le attrezzature da pesca abbandonate in mare costituiscono il 10% delle 640mila tonnellate di rifiuti dispersi negli oceani.

L’azienda trentina ha messo in piedi una organizzazione mondiale per comprare le reti obsolete valorizzando e incentivando così l’attività di raccolta e stoccaggio si questi materiali, creando lavoro e ripulendo l’ambiente. A spingerla in questa direzione virtuosa è stato soprattutto il mercato, cioè i cittadini consumatori che a parità di costo scelgono i prodotti più sostenibili (la moquette fatta con filo riciclato dai rifiuti, ad esempio). Poi c'è il costo del petrolio che ormai rende economico riciclare maggiori quantità di rifiuti in modo sempre più sofisticato e raffinato, fino cioè arrivare al monomero. Infine, ma molto importante, la decisione di molti governi come quello Usa o quello Olandese e di altri Paesi europei, che impongono nelle commesse pubbliche l’acquisto di prodotti con una forte contenuto di  materie prime riciclate.
In Italia avete mai sentito parlare di queste iniziative dei nostri governi centrale e locali? Eppure in Europa è stata varata da anni una direttiva in questo senso e l’Italia è stata la prima nazione ad adottarla. Peccato però che poi non l’ha mai concretamente attuata, come al solito, imponendola a Ministeri, enti pubblici, istituzioni nazionali e locali. Mi ha fatto cadere le braccia dunque, ascoltare il nostro ministro allo Sviluppo, Paolo Romani (uno dei tanti dipendenti che Berlusconi ha nominato nel suo governo) intervenuto all'inaugurazione, affermare cose come: “Per fortuna ci sono ancora aziende come questa che fanno tutto da sole, in autonomia, che investono in innovazione e creano lavoro”.  Naturalmente subito dopo gli ho chiesto qual era stato e qual è oggi il sostegno del suo governo a questo sforzo delle imprese. “Sostegno sempre – ha risposto -, ma in questo progetto non abbiamo avuto nessun ruolo”. Vale a dire niente.  Per questo l'azienda è venuta in Slovenia a fare l'impianto, perché qui invece ha trovato finanziamenti e sostegno.
Chi studia e realizza nuove tecnologie ambientali e produce in modo sostenibile in Italia deve fare da solo; lo applaudiremo, dice il governo di destra, ma non ci chieda niente, si arrangi. Non chieda nemmeno, che si dia attuazione alle direttive europee già adottate che favoriscono lo sviluppo dei materiali riciclati privilegiandoli nelle commesse pubbliche. 
Il futuro verde della nostra economia e della società che ne deriva, anche se è ha costo zero, alla destra non interessa perché e un modello di futuro contrario ai suoi interessi, che non puntano a uno mondo nuovo fatto di valori nuovi, ma sulla sopravvivenza di un  mondo vecchio, insostenibile e decadente da sfruttare fino all'ultimo. 

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