“Il nuovo regolamento? Non abbiamo ancora capito cosa l’amministrazione vuol fare del Centro di Aggregazione Sociale – dice Arturo Baldassarre a conclusione della conferenza stampa che ha tenuto stamattina allo Splendor -. Per quanto riguarda il ricorso respinto dal TAR decideremo nei prossimi giorni in assemblea con gli altri iscritti all’associazione Falcone e Borsellino se chiudere o meno il contenzioso. Nel caso si decida per la chiusura accettando il verdetto del Tribunale che sanziona anche lo scioglimento del sodalizio, gli iscritti decideranno se e come dar vita a una nuova associazione per continuare la loro attività con un altro nome”.
La conferenza stampa, convocata a titolo personale da Baldassarre, aveva lo scopo di consentire all’ex presidente dell’associazione ed ex consigliere comunale del PD, di fare chiarezza, dal suo punto di vista, su tutta la vicenda legata alla gestione del Centro padernese dalla fondazione ad oggi. Ne è scaturito un racconto pieno di fatti nuovi e finora mai emersi. L’ex presidente è partito dall’inizio, cioè dal marzo 2008 quando l’amministrazione Massetti creò il Centro e l’associazione Falcone e Borsellino, dandogli un regolamento che prevedeva alcune norme inapplicabili perché non conformi alla legge, quali l’elezione nel direttivo riservata ai cittadini con età superiore ai 55 anni, e l’inserimento obbligatorio nel direttivo di tre rappresentanti sindacali. Nel novembre 2008, comunque, si tennero le prime elezioni associative, tutti i cittadini poterono partecipare e dei 32 candidati proposti risultarono eletti in 6 tra cui i più votati furono Ambrogio Maglia e Baldassarre. Nel novembre di quell’anno venne eletto il comitato di gestione con presidente Maglia e vicepresidente Baldassarre, che iniziarono l’attività.
Nei primi mesi del 2009, quando il Comune decise di affiliare l’associazione all’Arci, si scoprì che il regolamento comunale era anticostituzionale, pertanto venne creato un nuovo statuto davanti a un notaio e questo consegnato ai dirigenti responsabili del Comune, che però, pare, non lo registrarono.
Rimasero così in vigore delle incongruenza (che curiosamente permangono nella bozza di nuovo regolamento fatto da Alparone) legate all’uso delle sale e all’apertura ai cittadini non inscritti all’associazione. Mentre nella sala polifunzionale questa apertura al pubblico era permessa, la sala bar era riservata ai soci, una divisione che creava problemi perché spesso gli eventi e le feste aperte al pubblico finivano come è logico per coinvolgere il bar. “Nel corso del 2009 abbiamo fatto 55 iniziative aperte a tutti, privati cittadini, partiti politici di centro destra e di centro sinistra, associazioni e movimenti – ricorda Baldassarre – pagavano il fee deciso dall’amministrazione (75-150 euro) e nessuno ha mai avuto da ridire, sia quando a governare era Massetti che quando è arrivato Alparone”.
Ma con il cambio di colore politico la giunta cominciò a chiedere più spazio al Centro per ospitare delle iniziative sue e di altri soggetti, entrando in contrasto con le attività che già il Falcone e Borsellino promuoveva. Il sindaco volle ad esempio inserire nel Centro l'attività di una scuola di musica che organizza corsi di vario genere, dalla ginnastica al ballo, simili a quelli che faceva l'associazione e dunque in concorrenza.
“Nel febbraio 2010, anche per svelenire le polemiche legate alla inesistente incompatibilità tra cariche decidemmo di procedere a un avvicendamento tra me e Maglia – ricorda Baldassarre – lui si dimise dalla presidenza del Centro e io mi dimisi da consigliere assumendo la sua carica. Pertanto all’epoca della famosa cena, novembre 2009, io non ero il responsabile del Centro, ma lo era lui. Poi tutti hanno chissà perché buttato la croce addosso a me. Una volta in carica scoprii che molti adempimenti non erano mai stati fatti (tra cui le volture dei contratti di fornitura dal Comune all’associazione) e dovetti provvedere registrandoli a mio nome”.
Si arrivò così al 13 luglio 2010 quando la stampa diede notizia della cena di mafia e dei risultati dell’inchiesta Infinito. “Erano tutti in ferie e io mi ritrovai solo a rispondere ai giornalisti – ricorda – alle 11 di mattina andai dai Carabinieri e mi misi a disposizione, poi chiesi un incontro urgente al sindaco, che però rispose chiudendo il Centro e convocandomi due giorni dopo. All’incontro lui mi chiese subito in modo arrogante le dimissioni del direttivo, io gli risposi che questo doveva deciderlo l’assemblea. La convocammo il 22 luglio, presenti Ghioni e un funzionario comunale, e i 165 iscritti, preso atto delle nostre dimissioni, le respinsero, ma noi le ripresentammo singolarmente. Maglia allora non si presentò perché aveva già dato le dimissioni il giorno prima nelle mani del sindaco senza dirci niente. Pochi giorni dopo il Centro riaprì con un nuovo organo di gestione fatto di volontari diretti da Ideanna Giuliani dell’Arci milanese. Quello che abbiamo scoperto solo oggi e che nessuno ci comunicò allora, forse perché temevano che non avremmo accettato di lavorare in quelle condizioni, era che la giunta, d’accordo con l’Arci, aveva sospeso la convenzione con noi per 90 giorni. Insomma ci sfruttarono da luglio a dicembre 2010, facendoci gestire la struttura in modo irregolare, con una convenzione sospesa”.
La gestione sotto la guida dell’Arci, fece emergere, proprio per via di questa mancanza di chiarezza, tensioni e scontri tra quelli che lavoravano tutti i giorni per tenere aperta la struttura e la Giuliani che invece cercava di individuare, senza riuscirci, un altro gruppo di gestori volontari. Si arrivò così all’uscita di scena dell’Arci e alla chiusura che dura ancora oggi, con il trasferimento delle attività dell’associazione nei locali della Parrocchia di santa Maria Nascente che ospita i volontari sfrattati da Alparone.
Baldassarre nella sua ricostruzione della storia ha messo in evidenza la poca chiarezza dei regolamenti sulla base dei quali è nata l’associazione che poi ha dovuto gestire il Centro. Poca chiarezza che sia la giunta Massetti (dal 2008 al 2009) che quella Alparone (dal 2009 al 2010) hanno perpetuato senza intervenire, accettando una realtà fatta di irregolarità causate da norme sbagliate e di una conduzione materiale che per andare avanti violava regolamenti impossibili da osservare. Pertanto l’ex presidente oggi respinge le accuse di cattiva gestione che gli sono state fatte. Prova ne sia che in cassa l’associazione Falcone e Borsellino ha 20mila euro di attivo e un patrimonio di oltre 40mia euro frutto di investimenti. Il tutto dopo due anni di attività al servizio della città.
“Noi fra qualche giorno ci riuniremo per decidere quale sarà il nostro futuro, se decideremo di non proseguire la causa legale contro l’amministrazione, ci scioglieremo. A noi interessa solo che riaprano il Centro di Aggregazione e lo affidino a un’altra associazione di cittadini padernesi che lo gestiscano con finalità sociali. Questa è per noi la cosa più importante”.
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