Bere l’acqua fresca del Seveso è un’emozione per chi da anni è abituato a vederla scorrere sotto i ponti di Paderno Dugnano non molto chiara, inquinata da acidi e altre sostanze che ne colorano la corrente. Eppure domenica l’ho fatto insieme alla mia famiglia, attingendola alla fonte che sgorga nel fondo di un boschetto di carpini e castagni in una profonda piega del Monte Sasso a pochi metri dal confine svizzero. Il suo sapore è buono, dolce e profondo, come l’ombra delle foglie che ne proteggono la nascita.
Ne abbiamo bevuto tutti, con soddisfazione. Il Seveso nasce buono da millenni in questo boschetto; siamo noi che lo corrompiamo, sfruttandolo e violentandolo per i nostri scopi innaturali. Non lo usiamo infatti per dissetarci, o per irrigare e fecondare il terreno agricolo che ci nutre, ma solo per scaricarci dentro tutte le nostre scorie velenose.
La gita primaverile alle fonti del Seveso è una esperienza che consiglio a tutti i padernesi che desiderano vedere con i propri occhi dove nasce la vena d’acqua sulle cui rive è sorta la nostra città. Ci si arriva facilmente in mezzora di auto partendo da Paderno. Prendete la Rho-Monza, entrate nell’autostrada Milano-Laghi, al bivio seguite le indicazioni per Como e uscite a Como Sud. Seguite le indicazioni San Fermo della Battaglia, andate verso Cavallasca e prima di Parè sulla destra prendete la via alla Torre risalendola fino al parcheggio davanti alla chiesetta di San Rocco.
Salite a destra della chiesa dedicata ai Pittori e in una quindica di minuti vi trovate sul dosso vicino a una ex caserma confinaria (oggi trasformata in villino). Scendete dall’altro versante nella valletta dove ci sono i resti delle fortificazioni costruite, dicono, dalle donne del paese, durante la Grande Guerra, quando evidentemente qualcuno pensava che gli austriaci potessero invaderci dalla Svizzera. All’altezza delle trincee si scende tenendo la sinistra e a poche decine di metri si arriva al ponticello di legno che scavalca il neonato Seveso che qui è largo una spanna. La sorgente è proprio sopra a una ventina di metri dalla rete che segna il confine racchiusa in una casetta di sasso con un’inferriata che difende la polla da cui sgorga. Un piccolo e umile tempietto dedicato ad un dio, minore, ma pur sempre da rispettare.
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