lunedì 6 settembre 2010

Accabadora, la Sardegna delle donne sapienti e pietose

La Sardegna è una terra dove il silenzio è ancora il dialetto più parlato, una terra dove le parole sono luoghi più dei luoghi stessi, e generano mondi. Leggere per credere “Accabadora” l’ultimo libro di Michela Murgia (http://www.michelamurgia.com/ ) che ha vinto ieri il Premio Campiello. La storia raccontata dalla scrittrice di Cabras genera un mondo tutto al femminile, dove le donne sono signore della vita e della morte, perché sanno cos’è il dolore e per questo sono madri pietose fino all’ultimo. “Accabadora” è, infatti, colei che finisce, che viene chiamata di notte al capezzale dei morenti per aiutarli ad andarsene senza soffrire. Il ritratto di questa figura che fa parte della storia sociale della Sardegna (la presenza delle accabadoras è documentata in Barbagia fino al 1950) viene tracciato nel romanzo da Maria, l’ultima figlia di una famiglia povera del paese che l’accabadora ha adottata e che ne raccoglierà l’eredità.
Il libro è bellissimo, la storia affascinante ti cattura fin dalle prime righe, il linguaggio usato è perfetto perché fonde italiano e sardo in un modo naturale, frutto evidente di un lavoro di costruzione molto severo e meticoloso. Michela Murgia è figlia della mia amica Costanza Marongiu e ha scritto buona parte del romanzo, di notte, nella pace delle dune di San Giovanni di Sinis dove si trova il ristorante materno.
Ho conosciuto Michela 30 anni fa, quando era ancora una bambina. Ho passato, infatti, un mese ospite nella casa di sua nonna affacciata sullo stagno di Cabras e ho il ricordo di una bambina molto seria e sicura di sé, più matura della sua età. Sua madre, due settimane fa, a San Giovanni mi ha raccontato un episodio accaduto due o tre anni dopo quel nostro lontano incontro. Un giorno nel negozio di “Arte sarda” che Costanza aveva aperto in piazza Stagno entrò un signore anziano incuriosito dai pezzi di artigianato locale che lei aveva messo in mostra. Vide Michela scrivere su un tavolino e saputo che sta scrivendo un tema per la scuola chiese di poterlo leggere, dopo di che le disse: “Tu da grande diventerai una scrittrice”. Era Danilo Dolci. Il grande educatore, sostenitore del metodo maieutico, non si poteva sbagliare e infatti con Michela non si è sbagliato.

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