La Scuola elementare del Villaggio Ambrosiano è intitolata a Eugenio Curiel, che per tante persone (troppe!) è un illustre sconosciuto. Così scrive Giovanni Giuranna annunciando sul suo blog l’incontro dal titolo: “Chi era Eugenio Curiel? Vieni a scoprirlo” promosso dalla Commissione Missionaria Decanale e dall'associazione La Vigna di Nabot per mercoledì 10 febbraio, alle ore 21 presso l'Oratorio del Villaggio Ambrosiano. Verrà ricordata la figura di Eugenio Curiel attraverso le parole del suo amico padre Camillo De Piaz (scomparso il 31 gennaio scorso all'età di 92 anni. La serata che si inserisce nel ciclo "I colloqui del giorno che viene", prevede la proiezione di un video dedicato alla memoria di Eugenio Curiel, frutto delle ricerche di Bianca Pividori (ANPI Sezione Porta Magenta “Eugenio Curiel” - Milano).
Eugenio Curiel, ebreo italiano nato a Trieste nel 1912, è stato un militante comunista, un combattente partigiano e un fisico. Nel 1935, studente a Padova, entrò a far parte del piccolo circolo clandestino comunista dell'Università, costituito da Braun, Guido Goldschmied e Renato Mieli, e comincia a collaborare, dal 1937, alla pagina sindacale del «Il Bò», il giornale universitario redatto da giovani fascisti insofferenti dell'ortodossia del regime, ma anche da antifascisti mascherati, come lo stesso Braun, militante del PCd'I. In quegli anni il Partito comunista cercava di introdurre propri membri nelle organizzazioni sindacali e studentesche fasciste per attrarli a sé e indirizzare, con la necessaria cautela, aspirazioni e programmi nella direzione di una critica al regime.
Dalle pagine della rivista Curiel appoggiò le rivendicazioni salariali degli operai e condusse inchieste sulle misere condizioni di vita nelle campagne padovane, occupandosi anche di politica estera, condannando le mire espansionistiche della Germania e l'aggressione giapponese alla Cina. Nel 1938 a seguito delle leggi razziali venne espulso dall’Università dove era assistente e raggiunse il Centro Estero del PCd'I a Parigi. Tornato in Italia nel febbraio 1939 si recò in Svizzera a discutere con Pietro Nenni, favorevole all'intesa con i comunisti, le possibilità di organizzare a Milano comitati di azione comuni. Sempre a Milano con lettere e articoli, continuò a ribadire presso i socialisti la necessità di stringere con i comunisti “legami che amplieranno il nostro contatto con la massa e che influiranno sulla tendenza del PCd'I alla burocrazia e alla disciplina cieca e passiva”. Arrestato viene inviato nel 1940 al confino di Ventotene. Il 25 agosto 1943, a seguito della caduta del fascismo, lasciò l'isola per unirsi alla lotta armata. Ritornò a Milano, dove diresse “L'Unità” clandestina e “La nostra lotta”, e infine promosse la costituzione di un'organizzazione unitaria tra i giovani antifascisti di ogni schieramento politico, il “Fronte della gioventù per l'indipendenza nazionale e per la libertà”. In questo periodo elaborò la sua teoria sulla “Democrazia progressiva”, considerata il suo più importante contributo teorico all'antifascismo.
Il 24 febbraio 1945 fu riconosciuto per strada da un delatore, e ammazzato immediatamente in piazza Conciliazione, da una squadra di militi repubblichini. Nella motivazione della Medaglia d'oro alla memoria viene definito "Capo ideale e glorioso esempio a tutta la gioventù italiana".
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