A seguito dei numerosi commenti seguiti all'episodio di domenica scorsa ho cercato una risposta alla domanda che lo stesso Berlusconi si è fatto e che tutti si fanno: come mai tanto odio? La mia risposta (forse a qualcuno sembrerà paradossale) è che l'odio verso Berlusconi, che pure in una non piccola parte della società e della politica italiana c'è, in realtà non c'entra per niente.
L’aggressione violenta a Silvio Berlusconi ci fa capire a quale livello di degrado è giunto il nostro Paese a causa della nostra incapacità di riformare la politica in tempi ragionevoli. Perché è di questo che si tratta, e non dell’avversione verso la persona “che vuol salvare” o “sfasciare il Paese” , come dicono i tifosi di destra e di sinistra, i filo e gli anti berlusconiani. Di questa mancata riforma di cui tutti i partiti e i leader politici italiani sono responsabili, si dovrebbe finalmente parlare e su questa si dovrebbe finalmente trovare un terreno di dialogo e di confronto.
Una cosa risulta evidente a tutti: il bipolarismo, così com'è oggi in Italia, non funziona e non può funzionare, per ragioni storiche, culturali e sociali. Peggio ancora il bipartitismo che accentua il carattere personalizzato che la politica da noi ha inevitabilmente assunto dopo la scomparsa delle grandi ideologie che avevano caratterizzato nel bene e nel male il secolo scorso. Questa personalizzazione patologica (che Berlusconi esaspera oltre il lecito in modo caratteriale) rende ancora più angusta, quando non impossibile da percorrere, la strada verso una soluzione che invece sarebbe indispensabile. L’odio non c’entra niente, come si vede, c’entra la politica e il suo ritardo rispetto ai bisogni del Paese.
Un ritardo che risulta evidente dalle reazioni alle quali si assiste oggi. Prevale , infatti, sia a destra che a sinistra il desiderio di utilizzare politicamente l’attentato al premier per dimostrare le colpe e le responsabilità del “nemico”. Tutti condannano il gesto di piazza del Duomo, ma molti lo usano per continuare il pericoloso gioco delle accuse reciproche in attesa forse di altri scoppi di violenza.
Bisogna invece mettere al centro, subito, il tema delle riforme, ma togliendo di mezzo l’ingombro dei personalismi, cioè delle soluzioni su misura pro o contro Berlusconi. E il primo a capirlo dovrebbe essere l’interessato che ormai non può più sfuggire al dilemma: se non accetta e non favorisce l'unica soluzione possibile, cioè se non riesce a trovare la giusta mediazione tra i suoi problemi personali e quelli del Paese, finirà inevitabilmente per diventare lui il solo ostacolo da rimuovere. E un Paese è più forte di una persona sola, anche se questa si crede fortissima.
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