In cinque sul tetto fino alla vittoria. Gli operai della Metalli Preziosi hanno deciso che bisogna fare come alla INNSE, occupare la fabbrica abbandonata dall'impresa e del suo manager, una fabbrica produttiva e famosa del made in Italy, ridotta ormai a un rottame scalcinato e rugginoso e non scendere fino a che non succede qualcosa di nuovo e positivo. Sono in cinque e parlare con loro a voce è impossibile. Mentre dentro la mensa una sessantina di loro compagni di lavoro stanno discutendo in vista dell'incontro di Roma fissato per il 16 settembre, e le televisioni piovute qui subito dopo che si era diffusa la notizia filmano tutto e li intervistano fuori dalla fabbrica, si stanno installando su una specie di terrazzo sopra la cisterna dell'azienda a 30 metri di altezza dove hanno deciso di andare a vivere, a partire da stasera, per i prossimi giorni.
Per parlare con i 5 "factory climber" (scalatori di fabbriche), una specialità che se va avanti così rischia di diventare una disciplina olimpica almeno in Italia, devo girare dietro lo stabilimento, alla fine di via Ampere, entrare in un cantiere sterrato e abbandonato, salire su un monticello di terra coperto di sterpaglie e gridare le mie domande sperando che in questa giornata di vento le mie parole arrivino là in cima dove oltre il muro di cinta e il reticolato che lo ricopre si intravedono gli occupanti. Quando mi vedono agitano le braccia. "Come va?" grido. "Stiamo arredando" scherzano. "Ma come fate all'aperto?". Qui comincia fare freddo, e i cinque non sono tutti ragazzini. Ma sembrano entusiasti e sicuri di quello che vogliono fare. "Ci stiamo attrezzando. Ci porteranno da mangiare qualcosa, insomma siamo decisi a stare qui". Il colloquio gridato a cinquanta metri di distanza con in mezzo un reticolato mi fa venire in mente altre situazioni tragiche. "Ma le vostre famiglie cosa dicono"? chiedo. La risposta arriva nel vento:"Che facciamo bene, sono con noi".
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