Ricevo oggi da Alessandro Amato,
curatore delle nostre rubriche, questa recensione della mia
mostra fotografica esposta nel foyer di Metropolis 2.0 fino al 12
novembre. E' molto bella e per questo la pubblico, oltre che
nello spazio Mostre, anche qui in home page. Inutile dire che
ringrazio io Alessandro per le cose che scrive e che ci aiutano a
riflettere.
COME SONO VERAMENTE LE COSE
recensione a cura di Alessandro Amato
«Non si tratta di mostrare le cose
vere, ma di mostrare come sono veramente le cose» - Roberto
Rossellini
È chiaro che il regista romano si
riferiva al cinema. Tuttavia, può essere evidentemente utile
applicare quella definizione alla fotografia in quanto madre/sorella
della Settima Arte. In tale prospettiva, la mostra “Italiani in
bianco e nero. 1974-1984” di Carlo Arcari presso il foyer di Area
Metropolis 2.0 si rivela un appuntamento immancabile, un’esperienza
necessaria e affascinante.
Abbiamo infatti ammirato una selezione
di scatti che testimoniano di un decennio sospeso nel passato
recente, di un’epoca di passaggio ancora troppo fumante per essere
genuinamente (se ciò è davvero possibile) descritta sui manuali di
Storia. Eppure le foto ci parlano guardandoci negli occhi. E tendono
a illuminare il ricordo di molti di noi – la memoria non è solo di
coloro che erano presenti, ma appartiene a tutti proprio grazie
all’immagine intesa come documento – di una luce nuova e
sorprendente. La stessa luce che scava i volti degli emigrati a
Zurigo nei primi anni Settanta. I loro vestiti, i loro spazi, le loro
vite così sconosciute e al tempo stesso così evidenti.
Poco oltre troviamo le più svariate
forme della contestazione, in una realtà nella quale ancora aveva
una sua dignità e una sua forza: dalla casa di riposo occupata alla
Resistenza, agli Innocenti in corteo. Quella bambina in primo piano.
Quello sguardo torvo. Inquieto. Siete tutti colpevoli, sembra volerci
dire. Non ha tutti i torti. Cosa ne è stato oggi di lei? Forse non
vogliamo saperlo davvero.
Successivamente ci imbattiamo nel
sorriso di un artigiano presso la sua torneria, nell’attento lavoro
di un operaio, nel nostro autoritratto ovvero in un automa. A che
cosa serviva? Esposizione? E noi?
Ecco allora che col nuovo decennio il
consumatore diventa anche il prodotto. Si espone e si mercifica sulle
spiagge del futuro. Gli anni Ottanta, si sa, sono quelli
dell’apparenza più sfrenata. Della sovrabbondanza kitsch. Della
banalità scintillante. E del colore (non a caso le foto sono tutte
in bianco e nero). Si vuole andare tutti in televisione, e se
qualcuno ci fotografa in studio mentre le cineprese sono spente
allora abbiamo fatto tredici. È praticamente Natale.
Ma come ben sapeva il profeta Pasolini,
seguire la stella cometa verso il paradiso deve servire soltanto a
guardare il mondo da una diversa distanza. Per non perdere quel poco
di umano (in senso primordiale e non cristiano) che ancora ci è
rimasto. Il desiderio di fare, di scoprire, di condividere, di
analizzare, di combattere. Quel desiderio che Carlo Arcari non ha mai
perso e che continua a dimostrare ai suoi concittadini e amici. Io lo
ringrazio.
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