Ma poi dimenticano, mentre i sopravvissuti vivono stentatamente,
senza lavoro né reddito, senza sostegno da parte delle istituzioni e
con qualche aiuto di quella parte più solidale della città. Venerdì, 23 novembre, a Milano si
terrà una nuova udienza, la quarta, davanti al gup Antonella
Bertoja, del processo a carico di Giovanni Merlino, il titolare della
Eureco accusato di omicidio colposo plurimo, traffico illecito di
rifiuti pericolosi e violazione delle norme di sicurezza.
I tre lavoratori albanesi scampati per miracolo, con ferite più o meno gravi, al rogo di Palazzolo, Kasem Xhani, Ferit Meshi e Shuli
Lulzim, sono parti lese nel processo assieme ai famigliari dei
lavoratori uccisi sul lavoro. Sperano nel giudizio del Tribunale per
ottenere almeno la giustizia terrena, cioè il risarcimento del danno
che è stato fatto alla loro salute e alle loro vite uscite
distrutte comunque dall'incendio. In un articolo pubblicato su il Giorno del
4 novembre 2012, si legge a proposito della loro situazione: "Kasem,
il più giovane, sta cercando di ricostruirsi una vita, si è sposato
da sette mesi. Ma deve fare i conti con le continue operazioni, la
schiena non gli lascia pace. E a complicare tutto il lavoro che non
c’è, la disoccupazione agli sgoccioli. Il collega Ferit ha finito
anche quella, quattro persone sulle spalle, tre mesi d’affitto in
arretrato. Shuli ha già l’avviso di sfratto in mano, è in prova
in un’azienda che si occupa sempre di smaltimento rifiuti. L'unico
lavoro che è riuscito a trovare e che in questo momento non può
rifiutare".
Leggendo questo si capisce che il confronto tra le vittime e il padrone
della Eureco, responsabile di quanto è accaduto, è e resta ineguale
e inaccettabile. Loro sono in condizioni di assoluto disagio, senza
lavoro, senza reddito, senza casa, minacciati di sfratto e non
possono scegliere, al punto che devono accettare di tornare a lavorare
in mezzo ai rifiuti, cioè a rischiare ancora vita e salute almeno per
mangiare. Sperano nella giustizia terrena del Tribunale. Ma nell'attesa di una conclusione, si
spera positiva, del giudizio che vita fanno?
Aspettando che le istituzioni latitanti e distanti, sorde e grigie, si decidano a fare la loro parte pensiamo che basterebbe una "poll tax civica" di un euro a testa per
dare loro l'aiuto sufficiente ad arrivare alla sentenza in condizioni
più civili e dignitose oltre che meno inique e ingiuste. E' così impossibile farlo?
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