martedì 10 maggio 2011

Pino Masciari, la "normalità" dell'eroismo

Chi è l’eroe? E’ un  uomo qualunque che un giorno, posto di fronte a una scelta tra il bene e il male, tra il giusto e l'ingiusto, sceglie di fare quello che tutti gli altri non fanno, di rifiutarsi di accettare quello che gli altri accettano come “normale” mentre così facendo negano nei fatti la “normalità”.
“L'eroe, nell'era moderna, è il protagonista di uno straordinario e generoso atto di coraggio, che comporti o possa comportare il consapevole sacrificio di se stesso, allo scopo di proteggere il bene altrui o comune”. Questa è la definizione delle enciclopedie, ma in Italia e in Calabria è possibile oggi essere eroi, cioè vivere in una nazione che da decenni è capovolta? Rimettere il mondo con i piedi per terra, una terra dove è “normale” chi rispetta le leggi e non chi le viola, in Italia e in Calabria, è di fatto un’impresa titanica. Perché qui da noi la “normalità” è roba da eroi e disgraziato è il Paese che ne ha bisogno.
Questo pensavo ieri sera alla Tilane (la foto è ripresa dal blog La Scommessa) mentre ascoltavo Pino Masciari, l’imprenditore calabrese che nel 1997 ha fatto quello che nessuno faceva a Serra San Bruno, si è ribellato alla legge del pizzo imposta dalla ‘ndrangheta e dai politici corrotti, dai funzionari dello Stato e dagli uomini delle istituzioni corrotti, perfino da Magistrati corrotti e collusi con la criminalità, e ha deciso di diventare “Testimone di Giustizia”, cioè un libero cittadino che denuncia i criminali, una figura talmente “normale” che la nostra legge non la prevedeva. 
Poteva fare come facevano tutti in Calabria: pagare il 3% alla ‘ndrangheta e il 6% ai politici mafiosi e sopravvivere come gli altri, ma lui ha detto “no”, perché non era giusto né normale accettare questo potere criminale anche se tutti gli altri lo accettavano.
La storia della sua lotta per riportare la “normalità” del nostro Paese, per tornare a vivere libero dalla ‘ndrangheta e dal suo potere criminale, è un’epopea che dura da 15 anni e che gli è costata tutto, cioè la libertà, la sua e quella della sua famiglia. Per combattere e sconfiggere i criminali lui, la moglie e i loro due figli, hanno dovuto accettare di vivere da esiliati in Patria, da sequestrati, nascosti come latitanti, come persone “anormali”. Un sacrificio enorme, accettato e portato avanti da un eroe per caso, un eroe suo malgrado, un uomo come noi che ha avuto la sola colpa di voler vedere rispettata la legge e il suo diritto di libero cittadino. Una lotta che è ancora in corso perché i processi alle decine di boss e personaggi corrotti e collusi da lui denunciati e fatti arrestare non sono ancora conclusi e Pino Masciari non può ancora tornare a vivere a casa sua a riprendere il suo lavoro. Può solo girare l’Italia a portare ovunque la sua testimonianza, la storia della sua vita, e dire a tutti noi che la lotta per vivere in un Paese “normale” è quella più difficile in Italia, non solo in Calabria, ma è l’unica che dobbiamo fare e se vogliamo vivere davvero in un Paese libero e civile. 
Perché la ‘ndrangheta c’è anche qui, anzi qui ha la sua vera forza, quella del denaro. Pino Masciari ieri sera, prima di andarsene con la sua scorta verso il luogo in cui vive clandestino, ci ha detto una cosa molto forte: in Calabria c’è una mafia sola, ma qui da noi, a causa della nostra ricchezza, le abbiamo tutte le mafie e il pericolo è ancora più grande. La vera partita, quella decisiva contro la ‘ndrangheta e le altre mafie si gioca qui. Prepariamoci a combattere. 

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