Stamattina mi sono svegliato all'alba. Il duodeno perforato dal tumore mi dava i primi segnali che l'effetto degli antidolorifici stava finendo e dovevo rinnovare la dose per le prossime dodici ore. Così per distrarmi un po' come l'amico della canzone di Dalla vi racconto quello che ho fatto ieri.
Alla Festa Democratica di Cinisello Balsamo (ex Festa dell'Unità che come nome mi sembrava più forte e solido) l'amica Sabrina Zocco, titolare dello stand dei libri mi ha invitato ad esporre alcune foto della mia mostra fotografica "Italiani in Bianco e Nero" (la foto che illustra il post è di Aldo Bonasia e si riferisce alle lotte di quegli anni) e a partecipare alla presentazione del libro "Decennio Rosso" scritto a quattro mani da Massimo (max) Battisaldo e Paolo Margini, due protagonisti degli "anni di piombo" che hanno agito a Sesto San Giovanni dal 1974 al 1981 militando il primo nelle Formazioni Comuniste Combattenti il secondo in Prima Linea.
L'ho fatto con una certa apprensione perché le vicende narrate nel romanzo erano tutte vere descritte come erano accadute e i personaggi con nomi falsi ovviamente erano anche persone vere. Un romanzo della realtà dunque questo libro che racconta storie che mi chiamano in causa dal momento che negli stessi anni io facevo politica a Cinisello Balsamo dove avevo militato prima nel circolo di Avanguardia Operaia (collaboravo al Quotidiano dei Lavoratori) poi in quello di Democrazia Proletaria e, dopo il settembre '77 avevo fondato con alcuni compagni un Collettivo Comunista che si proponeva di affrontare con un approccio diverso alcuni temi che erano emersi durante l'inchiesta sul decentramento produttivo e la ristrutturazione delle fabbriche che avevamo condotto sul territorio con il titolo "La fabbrica diffusa".
Volevamo capire come e con quali strumenti affrontare in modo vincente per i lavoratori il nuovo "piano del capitale" che consisteva nel licenziare centinaia di operai nelle fabbriche e decentrare i reparti di produzione in aziendine più piccole affidate ad ex lavoratori e sistemate nell'area di 30-40 chilometri dalla casa madre che manteneva il controllo dei flussi produttivi, la progettazione e il marketing. O addirittura nel caso di un'azienda del settore abbigliamento, licenziare le operaie e disperdere il lavoro di finitura dei cappotti a domicilio nelle case del quartiere Gescal di Cinisello facendo gestire il lavoro da un caporale mafioso che distribuiva i capi e li ritirava pagando alle donne una miseria.
Nel libro che ho divorato in poco più di un giorno e una notte di lettura ho scoperto che quel che volevano fare loro, giovani comunisti come noi, che avevano fatto la scelta della lotta armata a questo sistema di sfruttamento che lo Stato imponeva con il terrorismo delle stragi, erano le stesse cose che volevamo fare noi, ma con metodi legali perché non approvavamo la lotta armata e ci rifiutavamo di avere contatti con quelli che consideravamo "nemici" politici perché schiacciavano con la violenza la lotta di massa che noi cercavamo con fatica di mobilitare.
Questi giovani avevano individuato nel programma padronale, decentramento, lavoro nero, sfruttamento, gestito grazie alle nuove tecnologie informatiche, la nuova frontiera della lotta di classe, ma mentre noi volevamo riuscire a piegare a favore dei lavoratori con la lotta sindacale di base e il coinvolgimento del territorio le iniziative illegali delle aziende, loro pensavano che per bloccare questi progetti aziendali fosse sufficiente incendiare qualche magazzino, gambizzare un caporale, distruggere i computer.
Il romanzo di Battisaldo e Margini edito da PaginaUno (281 pagine, 16 euro) descrive in un crescendo le azioni e le dinamiche interne ed esterne al gruppo originario di giovani che da Sesto San Giovanni, provenienti da diverse esperienze di militanza politica quali Lotta Continua, Potere Operaio, Gruppo Gramsci, ma anche da PCI, FGCI, CGIL, diedero inizio alla loro avventura. Le sigle del movimento armato nascente nel libro si susseguono e firmano le prime azioni contro la Cisnal (MSI), la SIP, l'Upim (la spesa proletaria nei supermercati).
Poi però cominciano gli omicidi e le azioni armate contro la polizia, le associazioni industriali, gli attacchi alle carceri, e il salto di qualità porta con sé scelte quali la latitanza, la compartimentazione, la nascita dell'organizzazione che si chiamerà Prima Linea diffusa in molte città del Nord e la fine del movimentismo.
Il romanzo inserisce questi fatti negli eventi sociali di quegli anni, il Lambro 76, la rivolta studentesca di Bologna 77, il Golpe in Cile, e le vicende personali dei protagonisti, amori, famiglie, lavoro, il tutto condito con film, canzoni, poesia, romanzi, che rappresentano bene la cultura giovanile di quel periodo. Perché il movimento armato del "Decennio Rosso" è stato soprattutto questo, un grande fenomeno giovanile.
Il sequestro e l'omicidio di Aldo Moro, sono uno spartiacque. Dopo la partecipazione di un gruppo di loro a un campo di addestramento dell'ETA nei Paesi Baschi, al ritorno in Italia cominciano i primi arresti, i primi morti in scontri a fuoco durante le rapine, ma è l'uccisione del giudice Alessandrini che li isola definitivamente dal "movimento". Ben presto arrivano i primi pentiti, gli arresti in massa e la disgregazione del gruppo.
L'ultimo episodio narrato è la rivolta nel carcere di Trani dove dopo un tentativo di evasione di massa non riuscito tutti i prigionieri politici vengono massacrati di botte dagli agenti e dispersi in altre carceri sottoposti a detenzione durissima e a continui pestaggi.
Il libro si conclude con i processi durante i quali i protagonisti si ritrovano e insieme decidono di "arrendersi, ma salvaguardando la dignità e l'identità storica". Il tutto si traduce in una lunga dichiarazione rilasciata in aula da uno di loro che, assumendosi a nome di tutti le responsabilità degli errori, dei reati e dei crimini commessi, spiega la ragioni delle loro scelte e delle loro azioni, che non erano senza padri o madri, ma affondavano le radici nella loro storia di proletari e in quella dei partiti di riferimento della classe operaia. Ribadiva la pesante responsabilità dello Stato che aveva per primo attaccato con azioni terroristiche i suoi cittadini, per ristabilire una verità storica. "Una cosa è certa, non eravamo terroristi, il terrore lo seminavano altri con le bombe fatte esplodere in mezzo alla gente".
Se il "decennio rosso" fa parte della vostra vita, questo è un libro da leggere.
Massimo Battisaldo, nato a Luino nel 1956, militate delle Formazioni Comuniste Combattenti, arrestato a 23 anni nel 1979, esce dal carcere nel 1989.
Paolo Margini, nato a Napoli nel 1950, ha militato in Prima Linea, arrestato nel 1980 è tornato in libertà nel 1985.
Nessun commento:
Posta un commento