venerdì 3 maggio 2013

Costituzione a rischio senza la sinistra

Come, e da chi, sarà governato questo paese nella fase che si è appena aperta? La prima risposta è tutta politica e deve partire dalla constatazione che Berlusconi è il vincitore della partita sulle macerie del Pd. E, in quanto tale, non sarà solo il lord protettore di questo governo, ma il depositario di un potere di vita e di morte. La seconda riguarda il modo stesso in cui il governo si è costituito e si è presentato: un governo "per sottrazione", non tanto per l'esclusione di pezzi del vecchio personale politico (in realtà, una vera "rottamazione" riguardante il solo Pd), quanto piuttosto per il silenzio su una serie di questioni evidentemente ritenute "divisive" (l'orrenda parola che connota sinistramente il nuovo lessico politico). La terza risposta è istituzionale ed è affidata all'invenzione di una Convenzione che dovrebbe, nelle parole del presidente del Consiglio, farci uscire dalla Seconda e traghettarci nella Terza Repubblica. La quarta, ma in verità la prima, è quella sociale, che riassume le urgenze dell'economia e il dramma delle persone.
Mentre Letta nomina più di 40 tra sottosegretari e viceministri per accontentare tutte le correnti del suo governo quello che poteva e a mio avviso doveva essere il Presidente della Repubblica del cambiamento, Stefano Rodotà, scrive oggi su Repubblica un fondo dal titolo "Assalto alla Costituzione" nel quale analizza la situazione venutasi a creare con l'accordo tra Pd e PdL che al posto di cambiare in senso democratico e "progressista" (queste virgolette sono dedicate al mio amico Oscar) il Paese, ne stravolgerà ulteriormente in senso reazionario il profilo.
Rodotà parte dalla società italiana spaccata in diversi pezzi incomunicabili il cui tessuto sociale è ormai lacerato, ma la cui pericolosa condizione di insostenibilità viene ancora una volta ignorata dall'ideologia mercatista alla quale si sacrifica tutto favorendo la violenza prodotta dalla disperazione: suicidi, omicidi, violenze sui più deboli, schiacciati dalla "prepotenza dell'economia". Il governo Letta cosa farà su questo fronte? Poco o niente stando al suo programma.
Anche sul fronte della legalità il neogoverno tace. "Non una parola del presidente del Consiglio sui diritti civili, terreno sul quale in tutto il mondo si discute, si sperimenta, si innova, si legifera. I prossimi anni saranno quelli di un isolamento civile del nostro paese?" scrive Rodotà. La lista dei ritardi accumulati su questo terreno è lunga e il governo delle "larghe intese" (a proposito, qualcuno ha notizie di Emma Bonino?) non sembra proprio in grado di muovere un passo. Prima l'economia il resto non conta.
Gli otto punti di Bersani che parlavano di queste cose: diritti civili, legalità, conflitto di interesse, incandidabilità, falso in bilancio, prescrizione dei reati, sono ormai storia e sono stati seppelliti senza una lacrima dai democratici fautori della real politik "progressista".
Ma il punto più inquietante della linea istituzionale enunciata da Enrico Letta risiede nella proposta di istituire una Convenzione per le riforme alla cui presidenza si è già candidato lo statista di Arcore. Cosa farà l'opposizione per impedire che questa vera e propria "soluzione finale" della Costituzione venga attuata? Chi mobiliterà gli italiani contro questo attentato alla convivenza civile?
 

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