venerdì 30 dicembre 2011

La "fase due", il governo e i partiti

Dai cinepanettoni a Telegrigioni. La conferenza stampa in diretta di fine anno del professor Monti si è differenziata nettamente da quelle alle quali ci aveva abituato Berlusconi che le aveva trasformate in buffoneschi numeri da avanspettacolo. In quelle del capo della destra televisiva le battute sostituivano gli argomenti e i sondaggi superlativi al rialzo su se stesso i dati veri della crisi; in quella del docente bocconiano l'hanno fatta da padroni i grafici impietosi sullo spred e le prime indicazioni sulle prossime mosse del governo tecnico che dovranno convincere l'Europa e i mercati.
Un elenco puntuale e lunghissimo di problemi da risolvere che i commentatori di destra hanno subito definito "noioso" per tentare di rimuovere le responsabilità e l'incapacità di chi non è stato capace di affrontarli, ma c'è poco da dirsi annoiati; se non verranno affrontati e risolti questi nodi saremo travolti e declassati definitivamente come Paese.
Il primo problema con il quale maggioranza e governo si misureranno è quello del mercato del lavoro, di pari passo con quello della previdenza. Urgono le riforme, soprattutto del primo che oggi emargina dall'occupazione e dal reddito il 25% dei giovani. Le posizioni fin qui espresse da politici e tecnici sono note e vengono così riassunte dal Corriere della Sera.
Il ministro Fornero guarda con interesse alla soluzione del contratto unico a tutele progressive: togliere di mezzo tutti i contratti atipici e sostituirli con un'unica forma di ingresso al lavoro, valida per i nuovi assunti, che dovrebbe essere a tempo indeterminato, ma consentendo nei primi anni il licenziamento per motivi economici indennizzando adeguatamente il lavoratore. In questo modello, che è stato lanciato in varie forme da economisti e giuslavoristi di sinistra, da Tito Boeri a Pietro Ichino, l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello che garantisce il reintegro nel caso di licenziamenti senza giusta causa, resterebbe, almeno in una prima fase, solo contro i licenziamenti discriminatori (per motivi politici, di religione, di razza, eccetera). 
 Il Pd, che è il partito di Ichino, ha presentato proposte di legge più "morbide", come quella dell'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che comunque prevedono un periodo di prova di ben tre anni durante i quali si può licenziare.
Alla strada del contratto unico e quindi della sospensione più o meno parziale dell'attuale articolo 18 per i giovani, i sindacati oppongono una proposta diversa: va bene tagliare la giungla dei contratti atipici, ma poi bisogna che il lavoro flessibile costi di più di quello a tempo indeterminato. Solo così, sostengono, le aziende non troveranno più conveniente ricorrere ai co.co.pro. e alle partite Iva. Chi non è convinto di questa tesi osserva che, aumentando i costi per le imprese, la conseguenza sarebbe solo un incremento del lavoro nero. 
Le imprese hanno paura di un aggravio dei costi sia che passi il contratto unico, dove le aziende dovrebbero partecipare al sostegno al reddito dei lavoratori licenziati, sia che passi la linea di far costare di più i lavori precari.
Come si vede le posizioni sul campo sono quattro: quella del governo, quella del Pd e quella dei sindacati propongono dei veri cambiamenti rispetto alla condizione attuale, quella di Confindustria invece non propone niente e si limita a fissare paletti. La linea degli imprenditori è come sempre corporativa e protezionista: se le riforme ci costano, dicono, meglio lasciare le cose come stanno, cioè il Far West.
Il PdL che pure sostiene il governo in Parlamento, non ha per ora niente da dire se non ripetere per bocca di Berlusconi e non del segretario del partito, il suo programma minimo: "no a nuove tasse" che non entra nel merito del confronto, ma si limita a ribadire una patetica posizione di principio.
Personalmente credo che il Pd debba continuare a sostenere la sua linea, confrontandosi con governo e  sindacati la cui proposta mi piace e condivido. Pagare di più il lavoro flessibile e dunque precario è l'unico modo per valorizzarlo correttamente rimettendo nella mani del lavoratore un po' di potere e di dignità, mettendo nel contempo le aziende di fronte a scelte più responsabili per quanto riguarda il ricorso a queste forme contrattuali che devono tornare ad essere le eccezioni di un'organizzazione produttiva, come ad esempio gli straordinari, e non la nuova regola dei rapporti di lavoro che riduce e minimizza in modo scorretto per le imprese, costi e doveri.

1 commento:

Gianni Rubagotti ha detto...

TeleGrigioni sì nel senso di discorso da politico mitteleuropeo ma non Telegrigiore: Monti ha avuto battute meno eclatanti ma carine (e non offensive per nessuno) come quando citando lo spread ha detto "Credo che alcuni di voi abbiano già sentito questo termine" o il siparietto sul grafico alle sue spalle.
Una delle cose che mi piace molto di lui è il misto di umiltà (continua a spiegare che Fase 1 e 2 sono tra loro collegate ma vedendo che la stampa le distingue dice "nessun problema" invece di attaccarla) e di celato carattere deciso come quando ricorda che qualcuno prima di lui ha preso impegni con l'Europa e dimostra che lo spread con lui è sceso nonostante la BCE acquistasse meno titoli.
Monti ci sta provando, spero ce la faccia...e poi magari prenda il posto di Napolitano.
Per interpretare le dichiarazioni del Berlusca in questi giorni consiglio di vedersi il teleromanzo sulla vita di Napoleone a Sant'Elena trasmesso pochi giorni fa da Rai Storia: il grande Imperatore fantasticava di un suo ritorno e trame politiche quando in realtà i sovrani europei si erano quasi dimenticati di lui...