giovedì 21 aprile 2011

Il populismo reazionario che odia la democrazia

Ieri è arrivato al blog questo commento alla notizia sulla nascita del Comitato padernese per il referendum contro il nucleare firmato Franco.
“Un altro comitato? non sono un po’ troppi questi comitati? E il tempo dove lo trovano? Costoro non lavorano? Vivono sulle spalle di qualcuno? Sono finanziati da chi: dal PD? scusate le tante domande, ma noi cittadini normali lavoriamo e paghiamo le tasse, ma lo sapete che il nostro nonché il vostro governo sta facendo dietro front sul nucleare e fa bene, quindi non si può risparmiare un po’ di danaro pubblico?”.
Prendo spunto da questo messaggio per parlare di un fenomeno tipico dei nostri tempi: il Comitato. Questo organismo di base spontaneo o promosso da associazioni e singoli cittadini, nasce per difendere interessi collettivi che la politica nazionale e locale ignora o calpesta. La sua nascita è pertanto un atto positivo frutto della democrazia che si è radicata e produce interesse civile e impegno.  Il Comitato però suscita sempre fastidio e rabbia nei reazionari, quelli cioè che, spontaneamente o etero diretti dai media della destra populista, esprimono un’opposizione aprioristica alle forme di innovazione politica, sociale, artistica o culturale.
La reazione è il frutto malato del rancore di chi, per via di una scarsa o inesistente cultura democratica, non capisce il nuovo e lo affronta per prima cosa negandolo e insultandolo. Come fa Franco che definisce dei perditempo, gente che non lavora e vive sulle spalle altrui, addirittura “finanziati dal PD”, i cittadini che fondano e aderiscono ai Comitati nati negli ultimi tre anni a Paderno Dugnano. Ovviamente non è così e “Franco”, se è in buona fede, è solo un povero ignorante che sfoga la sua rabbia contro ciò che non conosce e non capisce.
Franco e quelli come lui, esprimono dunque un rancore profondo e violento che nasce dall’estraneità e dalla diversità irriducibile di chi per paura del nuovo nega le ragioni che spingono i cittadini attivi ad agire in modo collettivo per difendere interessi che sono comuni a tutti: la salute, l’ambiente, i beni naturali ed essenziali, la proprietà privata. Resta da analizzare il perché di questo comportamento. Da dove nasce la sua voglia di delegare ad altri la soluzione dei problemi, di lasciare decidere ai potenti di turno della propria vita, di non pensare, di farsi sempre e solo gli affari propri che non sono mai collettivi, ma esclusivamente individuali?
Il problema rappresentato dal riflesso reazionario di massa, che non a caso si manifesta così esteso in Italia dopo 20 anni di imbonimento ideologico televisivo, scambiato erroneamente per “iniziativa commerciale”, oggi mette a rischio la nostra democrazia. E’ un problema serio che si può combattere solo in un modo: denunciandolo puntualmente sul piano culturale e politico, e mostrandolo in tutta la sua negativa valenza in ogni occasione in cui emerge e cerca di imporsi. Indicando nel contempo le responsabilità di quei partiti, la destra populista berlusconiana e leghista, che su questo “istinto di morte civile” hanno costruito il loro potere e continuano ad estenderlo sfasciando lo Stato e tentando perfino di stravolgere la Costituzione. E’ una battaglia difficile che si può vincere solo con l’impegno civile e l’iniziativa comune di tutti i democratici.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Alexis de Tocqueville,nel suo trattato"la democrazia in America"
era stato sorpreso e aveva individuato nell'associazionismo diffuso uno dei principali fattori della democrazia americana.
Mi scuso se è la seconda volta che scrivo oggi,comunque il tempo che sto sottraendo al mio lavoro lo recupero questa sera.
pierino favrin