E' stata una serata per me illuminante
e credo anche per i presenti in sala, quella di ieri
sera all'auditorium Tilane dove, grazie al Circolo Restare Umani, abbiamo incontrato Lionello Mancini,
giornalista, inviato di cronaca giudiziaria de Il Sole-24 Ore, autore
del libro "L'Onere della toga".
Tra la ventina di cittadini interessati
al tema della legalità venuti a parlare del suo libro che racconta attraverso le storie di
cinque Pubblici Ministeri l'onerosa e difficile lotta alla corruzione
nel nostro Paese, c'erano tre consiglieri comunali del centro sinistra, il presidente
della sezione locale dell'Unione Commercianti, due imprenditori,
tre insegnanti, il redattore del giornale parrocchiale, un
paio di professionisti.
Non c'erano rappresentanti delle
associazioni antimafia, non c'erano le Acli, il Sindacato, non
c'erano le Forze dell'Ordine, esponenti della giunta e della maggioranza, non c'erano
magistrati (a Paderno ne vivono alcuni) non c'erano avvocati né
redattori dei giornali locali. Peccato perché sarebbe stato utile
anche a loro ascoltare l'autore di un libro che ci ha spiegato come vivono
e lavorano gli inquirenti impegnati a combattere ogni giorno contro
una grave patologia, la corruzione, che è penetrata a fondo nel
nostro tessuto sociale perché è stata ed è ancora una dei motori
dello sviluppo distorto e in nero della nostra fragile
economia.
Lionello Mancini è stato negli anni 80 mio collega
al Sole-24 Ore dove allora si occupava di questo argomento come
responsabile dell'inserto settimanale "Mezzogiorno" dedicato alla cronaca dell'economia meridionale. Io invece curavo
l'inserto "Informatica" e scrivevo di tecnologia e
innovazione nei distretti industriali. Cercammo di lavorare insieme e
lui da caposervizio mi mandò a Trapani a fare un "rapporto",
cioè un'inchiesta sulla realtà economica di quella provincia.
Spesso chi faceva questi reportage tornava con un servizio costruito
soprattutto sulle informazioni raccolte da Procura, Prefettura,
sindacato che raccontavano in negativo l'economia locale. Io invece
tornai con una serie di storie positive sugli imprenditori innovatori
che pensavano di informatizzare il mercato del pesce di Mazara del Vallo,
automatizzavano fabbriche che producevano componenti per la Fiat di
Termini Imerese e per altri grandi gruppi, creavano nuove aziende
hi-tech, basate sulla robotica, sulle tecnologie solari
fotovoltaiche, sul marketing innovativo applicato alle produzioni
tradizionali. Litigammo perché per lui queste notizie venivano dopo
quelle sull'economia criminale e io non avevo fatto quello che mi
aveva chiesto.
Sono ancora convinto che la cosa giusta
da fare fosse dare sia le notizie positive che quelle negative, ma
mentre io pensavo che le notizie buone dovessero avere la preminenza
lui vedeva, sicuramente meglio di me, il grave pericolo che
l'economia illegale rappresentava per la sopravvivenza stessa
dell'economia legale, e quello che è successo da allora in
Italia dimostra che purtroppo aveva ragione lui.
Oggi Lionello Mancini è come me un giornalista
in pensione, ma tiene ancora una rubrica su Il Sole-24 Ore. Si chiama
"Imprese e Legalità" con la quale ogni lunedì racconta
storie di aziende, enti e amministrazioni locali virtuosi e denuncia quelli
che lo sono molto meno. Un lavoro importante di informazione
sull'Italia che faticosamente cambia in meglio e che merita tutta la
nostra attenzione.
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