L'autore secondo il critico non terrebbe conto della realtà
della Rete così come noi la conosciamo, ma solo di quella da lui un po' idealizzata. Descrivendo il modo in cui piazze reali
e virtuali si sono intrecciate dalla «primavera araba» agli
Indignados e Occupy Wall Street, egli considera i social network "uno
spazio di autonomia largamente al di là del controllo di governi e
aziende", il web "sicuro", "protetto",
"libero", dove "l’orizzontalità è la norma".
E, soprattutto, una "piattaforma privilegiata per la costruzione
sociale di autonomia".
Il tutto senza menzionare l'uso fatto dai governi dei
social media per reprimere con più efficacia il dissenso dopo averlo
identificato in rete, come è avvenuto in Tunisia, ma anche in Spagna
e Usa e senza tenere conto dei fatti che dimostrano come in realtà
internet non sia stato "centrale" per la nascita e lo
sviluppo di movimenti di opposizione in Paesi come Libia, Yemen e
Siria dove la penetrazione del web è poco consistente.
Insomma sul web e sul suo ruolo
decisivo nel cambiamento sociale si fa ancora troppa ideologia. La
nuova "democrazia connessa" è e resta un'utopia. Prova ne
sia che il clima a un anno di distanza da quelli avvenimenti, dalle
piazze arabe a Zuccotti Park, è molto cambiato.
Fabio Chiusi scrive: "Dalla retorica sulla primavera araba si è passati a quella, uguale e contraria, sull’autunno di Al Qaeda. Gli indignati sono sostanzialmente spariti dopo avere ottenuto l’unico risultato, lo scrive anche Castells, di affossare i socialisti di Zapatero e Rubalcaba. Quanto a Occupy Wall Street, le forze sembrano essersi disperse al punto che la notizia, nel giorno del primo compleanno, non è stata il tentativo di ridefinirsi come un movimento per trasformare la nostra comprensione della moralità del debito — riassunto perfino in un manuale diffuso gratuitamente online — ma l’imponenza degli arresti per i (pochi) manifestanti accorsi a Zuccotti Park".
Il problema sono proprio le forme nelle
quali si esprime la "democrazia online" in assenza di
leader rappresentativi e rifiutando il principio di maggioranza
inseguendo un impossibile consenso unanime. Quello che sta avvenendo
nel movimento di Beppe Grillo osservato da questa prospettiva è
molto significativo.
Democrazia basata sulla rappresentanza
e decisioni prese sulla base del principio di maggioranza, sono forme
della politica che dimostrano di non essere affatto superate.
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