sabato 5 gennaio 2013

Epifania 2013

Epifania vuol dire rivelazione. In apertura di un 2013 che si prevede pieno di grandi cambiamenti politici per il nostro Paese e per la nostra città, vi propongo questa intervista a Marco Coloretti, capogruppo del Partito Democratico di Paderno Dugnano. Buona lettura.

Proviamo a fare un bilancio politico e amministrativo di quanto ci ha lasciato di più significativo il 2012 per Paderno Dugnano?
Volentieri. Si era partiti con un consiglio comunale aperto dedicato al lavoro nel nostro territorio, con una specifica ricerca in merito a crisi e opportunità, ma, come abbiamo più volte sottolineato dall’opposizione, alle parole non sono seguiti fatti significativi. Ora, un’amministrazione da sola non risolve il problema occupazionale, ma almeno prova a mettere in campo qualche strategia usando gli strumenti che ha. Nello specifico due: il bilancio, guardando a pesare meno in termini di tasse e tariffe per chi è investito da una crisi lavorativa e mettendo a disposizione una quota di contributi che aiutino le famiglie a far fronte all’emergenza salariale (quel poco che c’è lo si deve al centrosinistra, per inciso), e il Piano del Governo del Territorio, difendendo le aree produttive e impedendone la trasformazione in residenziale. Tutto questo non solo non si è visto nel Bilancio, ma nel Piano di Governo del Territorio addirittura ci sono scelte che vanno in direzione contraria. Ecco perché ora non si deve più parlare, ma agire tenendo presente che la crisi lavorativa ha aperto, come ha detto il Presidente Napolitano, una “questione sociale”. Per questo spero che il PD con il centrosinistra vinca le elezioni: c’è bisogno di ridare coerenza a una politica che sia davvero di “equità e sviluppo”. In Italia subito, a Paderno al più presto, dove finora si è fatto poco o niente.
Altro tema la sicurezza, con la bomba scoppiata davanti al comando di vigilanza. Avete capito cosa è successo davvero?
Ad un anno di distanza, nessuno sa niente. Noi torneremo a chiedere che si renda pubblico ciò che si è raccolto in merito, per capire una volta per tutte se fossero avventate le prime dichiarazioni – una intimidazione criminale - oppure cosa altro può aver indotto un’azione simile, che certo non è usuale dalle nostre parti. C’è stata troppa schizofrenia nei comportamenti: si è passati dalla fiaccolata cittadina al silenzio. Come capigruppo, abbiamo fatto visita al comando e scambiato qualche valutazione col comandante, il tutto condizionato dal segreto d’indagine su cui lavorano altre forze dell’ordine. Ma, ripeto, ad un anno di distanza abbiamo tutti il diritto di sapere, di avere un quadro conoscitivo che ci dia la dimensione reale di quanto è successo. Sarà presto oggetto di una nostra interrogazione consiliare, come lo è stata anche la gestione del centro “Falcone Borsellino”.
Perché avete sollevato ancora una volta questa questione? Non si era conclusa con la relazione della commissione speciale?
Il punto è che le conclusioni della commissione restano disattese, anzi di più. A parte aver affidato il centro in maniera diretta da parte dell’amministrazione ad una associazione, quando invece si potrebbe finalmente tornare all’elezione diretta dei suoi rappresentanti come succede negli altri centri, al Falcone Borsellino la gestione ordinaria è la stessa di prima. Allora, delle due l’una: o la commissione è stata una grande perdita di tempo, oppure ciò che destava scandalo prima ora è normalità solo perché si è sostituito il gestore. E qui si sprecano le figure di coloro che siedono contemporaneamente in consiglio comunale dalla sponda della maggioranza e poi occupano il centro come membri della stessa associazione che gestisce il “Falcone Borsellino”. Noi almeno, quando abbiamo avuto questo problema, abbiamo indotto il nostro consigliere a fare una scelta e quindi a dimettersi dal consiglio – e tutto ciò prima di qualsiasi notizia in merito alla famosa cena di mafia, che resta una ferita a cui non si è mai data una vera risposta a livello politico e amministrativo tale da ridare dignità al centro e alla città intera. Si è preferito occupare uno spazio, con in testa il capogruppo della Lega la cui figlia poi siede in giunta. Se è normale tutto questo…



Noi crediamo di no e voglio aggiungere che l’emergenza mafiosa sul nord Milano e sulla Brianza è tutt’altro che chiusa, malgrado il colpo inferto alle ‘ndrine da parte dello Stato. Altri enti si sono organizzati intorno a politiche della legalità che coinvolgono a più livello il loro territorio, collegandosi tra loro e promuovendo buone pratiche amministrative tali da ridurre la possibilità di infiltrazioni mafiose nelle attività istituzionali ed economiche delle proprie città. Attraverso osservatori e strumenti appositi di controllo degli appalti pubblici e reti di difesa del cittadino, in primo luogo per chi opera nella piccola e media impresa commerciale e artigianale. Qui si è fatta solo tanta retorica : per questo noi continuiamo a chiedere che si “alzi il livello” della conoscenza e dell’azione in funzione antimafia, coinvolgendo tutti quelli che ci stanno e producendo azioni concrete che diano il segnale di un’attenzione della pubblica amministrazione cittadina di contrasto al fenomeno. Noi su questo non ci sentiamo in opposizione all’amministrazione, anzi: solo che da parte loro serve più coraggio, e finora non lo hanno dimostrato. Bollate, nello stesso processo Infinito, è parte civile e ottiene un indennizzo anche economico. Paderno Dugnano, invece, che avrebbe tutte le ragioni per ben figurare, sembra mettere la sordina e si defila. Perché? Noi sono mesi che chiediamo un’azione pubblica che rimetta in moto le forze politiche e la società civile padernese impegnate a contrastare ogni forma di mafia e legalità. Però nulla accade.
Ma in giunta non siede più la tua rivale diretta, l’assessore al bilancio Ruzzon. Come si è arrivati veramente alle sue dimissioni, secondo te?
Ruzzon aveva già cominciato male il 2012, con il bilancio di previsione approvato a marzo – dopo un primo presentato, quasi emendato dal sindaco, ritirato, riscritto a fatica – e con una protesta montante nella città per gli aumenti delle rette – in particolare, la mensa scolastica, ma non solo – a cui si rispondeva con il ritornello “adeguamento Istat” che penso abbia solo irritato le persone, perché non spiegava nulla ed era ben più dell’indice programmato d’inflazione. Nel bilancio si esaltava l’applicazione al minimo dell’IMU e il non aumento dell’IRPEF, e ciò era sufficiente per far dire a questa giunta: non abbiamo aumentato le tasse. Peccato che dalla Tarsu (e quest’anno ne vedremo delle belle) ai costi dei servizi individuali, tutto è aumentato senza che la città abbia registrato un miglioramento in qualche campo. Hanno respinto tutti i nostri emendamenti, poi si è visto nel corso dell’anno e con diverse variazioni che noi avevamo visto giusto, anche sulle entrate che spesso risultano ben più contratte di quanto potrebbero essere, pur tenendo conto di elementi prudenziali. E questo da una parte frena qualsiasi tentativo di “spesa innovativa e qualitativa” a beneficio della città, mentre serve per mantenere lo status quo a “palazzo”, dove le tensioni scoppiate quest’anno sono state molteplici e continuate. E a coprire le “magagne” di una gara, quella del gas, che ha indotto a ben due ricorsi e che intanto ci ha impedito di registrare notevoli entrate. Sperando di aver ragione, perché altrimenti se così non fosse, allora sì che devono andare a casa in parecchi, e non solo gli amministratori.
Ma la Ruzzon pare si sia dimessa soprattutto per motivi “politici”, stando alle sue dichiarazioni in consiglio.
Io i veri motivi non li ho mai capiti. Guardiamo i fatti: le dimissioni arrivano a settembre in coda alla relazione sullo stato di avanzamento dei programmi amministrativi. Relazione che dà elementi pesanti su cui riflettere: dal patto di stabilità (siamo dentro ma rischiamo di uscirne) all’immobilismo delle spese per investimento, alla carenza di una visione strategica sul futuro della città sia in termini di programmi sia in termini di risorse. Ricordi: “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”? Qui assistiamo al contrario: la “dura” Ruzzon coglie la palla al balzo e passa il cerino, per non bruciarsi. Si dimette dal consiglio e polemicamente dal PdL, dove pare non avesse avuto garanzia di “visibilità” in vista di altre scadenze elettorali ormai alle porte (politiche, ma anche regionali che tutti ormai danno per scontate). Quindi, si riposiziona, io non so dove e poco mi interessa visto che non è certo nel PD che si accasa: resta il fatto che si è mancato in serietà e senso di responsabilità. E, se proprio si fosse voluto fare battaglia politica, come annunciato anche in consiglio, allora si doveva tenere un comportamento differente. Ma a tutti questi interessa veramente Paderno Dugnano?
E dopo l’estate parte la discussione sul PgT che finisce con l’adozione in consiglio comunale e l’uscita – questa volta solo dal consiglio – del capogruppo Rimoldi, in aperta polemica col sindaco.
Mettici anche che respingono i nostri emendamenti e votano l’adozione in 16 contati sui 19 voti a disposizione. Mettici pure che poco prima, sulla liquidazione di Energie Locali – operazione priva di qualsiasi strategia che ha poggiato unicamente sulla presunta riduzione di costi, poi vedremo come finirà - la maggioranza in un primo momento non ha saputo garantire il numero legale in consiglio. Certo, sul PgT io ho riconosciuto un punto a loro favore : pur a denti stretti è stato adottato, anche se persino chi lo stava votando dichiarava pubblicamente la convinzione che ancora tanto c’era da rivedere (il capogruppo della lista civica Di Maio). Noi abbiamo rilanciato la sfida dentro la città : ora ha inizio il secondo tempo della partita, con le osservazioni che tutti possono presentare al Piano del Governo del Territorio adottato. L’invito che facciamo ai cittadini è di seguirci e di lavorare insieme per correggere il più possibile uno strumento che a noi pare fortemente inadeguato rispetto ai veri bisogni della città e fin troppo carico di “volumetrie aeree”, “nuvole” di cubature sparse sull’intero territorio cittadino che rischiano di cadere a vantaggio di chi possiede e opera intorno alla rendita fondiaria. Proprio quello che abbiamo sempre osteggiato, mentre qualcuno che ora è in maggioranza e ha piena responsabilità rispetto al governo del territorio – la Lega – sembra digerire senza battere ciglio. Anche qui, dov’è la coerenza? La crescita insediativa a Paderno negli anni del centrosinistra è stata contenuta, poco più di duemila abitanti in dieci anni, e il consumo del territorio è stato tale da garantire uno standard di verde per abitante quasi due volte superiore a quello previsto per legge. Parametri che ora subirebbero un drastico cambiamento in negativo, non cogliendo nemmeno quelle possibilità che la crisi offre nel razionalizzare nuove costruzioni e nel recuperare e riqualificare vecchi edifici. Per questo, giudichiamo inadeguato e di impatto fortemente negativo il PgT in corso d’opera. Non credo che le motivazioni di Rimoldi fossero le stesse nostre, ma su una cosa il consigliere PdL va ringraziato: ha cercato di ridare centralità al consiglio comunale e ad aprire la discussione su un punto fondamentale della città a tutte le forze politiche. Il che gli fa onore.
Bilancio fortemente negativo quindi. Ma a Paderno Dugnano c’è un’alternativa credibile ad Alparone?
Sì e sì. Il bilancio di questa amministrazione, al di là della forma, è negativo – e quel che è peggio è la mancanza di una strategia politica chiara che ci porti alla scadenza amministrativa in sicurezza. L’eredità del centrosinistra a Paderno Dugnano è stata tale che chi ha governato dopo ha potuto godere di nuove opere pubbliche (dall’asilo appena inaugurato al complesso della Biblioteca Tilane), di un contenimento della spesa per il personale che non ne aveva però minato la qualità professionale e di un sistema finanziario di tenuta dei conti pubblici su tutto il triennio successivo al 2009. Oggi la situazione è presto detta : completo immobilismo sul piano delle opere e dei lavori pubblici (a che punto siamo con la sistemazione di Corte Stiria, visto che ci si preoccupa di comprare gli arredi per i nuovi uffici?), l’organizzazione del personale interno ha suscitato proteste di vario genere tra chi lavora e non ha certo favorito la qualità mentre la spesa si porta dietro scelte al limite della decenza (abbiamo nominato un dirigente per decisione politica della Lega) e la tenuta finanziaria dell’Ente è allo stremo, per aver navigato a vista accontentandosi di stare a galla con l’abbattimento dei mutui. Abbattimento e non riduzione: con il risultato che ci siamo liberati di “investimenti” e non di “sprechi”, che semmai ci siano vanno cercati in primo luogo sulla spesa corrente. Il Sindaco ha spesso confuso il concetto di “mutuo”, parlando esclusivamente di debito, senza distinguere tra investimento utile oppure no. Il risultato è quello che si vede: una città ferma, ma con due assessori che si occupano di territorio, con due dirigenti che nominano altre posizioni organizzative (e per fare il PgT paghiamo uno studio esterno). Se il Sindaco cercava gli sprechi, bastava guardasse a cosa aveva combinato insieme alla sua troppo pingue giunta, sia per numero che per costi (stipendi pieni senza nessuna presenza in comune per tempi prolungati – è anche da questi comportamenti che cresce il sentimento di “antiipolitica”, no?). Senza dimenticare il reiterato incarico a chi si occupa di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, quando ormai è chiaro che la posizione dell’amministrazione è frutto solo di un ragionamento finanziario, “fare cassa” il più possibile. Ragionamento fallimentare perché i cittadini si sono costituiti in comitato e il comitato sta lavorando molto bene non solo a contrastare la posizione degli amministratori, ma anche a fornire proposte d’interesse per loro e per la città stessa, visto che i soldi che lì si recuperano dovrebbero avere una destinazione sociale sul fronte della casa, che però a Paderno non si è affatto verificata. Caraterramia è un esempio a cui guardare per creare dal basso forme di partecipazione nella città.
Quindi, c’è un’alternativa?
Certo che c’è. Intanto, è il Partito Democratico. Nel suo gruppo consiliare come nel suo direttivo politico. A livello cittadino ma anche a livello nazionale, regionale e provinciale. Mai come adesso, dopo un mese di selezione prima del nostro leader di governo (Bersani) poi del nostro candidato alla Regione (Ambrosoli) poi dei candidati al Parlamento (auguro ad Ezio Casati di essere eletto per collaborare insieme con l’obiettivo di rilanciare Paderno Dugnano dentro l’area metropolitana milanese, sviluppando crescita qualitativa e occupazionale dei nostri territori), il PD è forte. Non nei sondaggi, verso cui nutro sempre una precauzionale diffidenza: io lo sento tra le persone vicine, tra chi milita e chi ci sostiene, tra gli elettori delle primarie e chi si sta attivando per le campagne elettorali, C’è un clima di fiducia, intorno all’unica forza politica che è ancora degna di questo nome, sia per la sua dimensione organizzativa che per il suo appeal elettorale. Abbiamo rinnovato alla grande la nostra classe dirigente, e non per “giovanilismo” ma perché è cresciuta in questi anni una classe politica ricca di saperi e di conoscenze che non si è dispersa nemmeno di fronte alla sconfitta politica e amministrativa del biennio 2008-2009, quello che sanciva la più grande vittoria berlusconiana del centrodestra alla guida del Paese. Sembra lontano un secolo, eppure è passata a malapena una legislatura, travagliata e che ha rischiato di rimanere senza guida. Vedete delle analogie con Paderno Dugnano? Io sì. Per questo confido in una vittoria del centrosinistra a più livelli, non solo per la cifra elettorale che può rappresentare, ma per un cambio di strategia politica, di visione della società, umana e culturale, di cui c’è fortemente bisogno se vogliamo rilanciare l’idea di un paese-comunità il cui interesse riguarda sempre più da vicino la “cosa pubblica” perché cosa di tutti e quindi patrimonio di ognuno. Ritornare a pensare la politica come un’occasione di crescita sociale e non di arrivismo individuale o di interessi particolari. Con queste premesse, si può cercare di contrastare la crisi, aprire altre opportunità di crescita e rendere più equo il peso di un disavanzo pubblico frutto di una cattiva gestione dei conti a cui hanno partecipato in molti, ma su cui si sono distinti soprattutto le consorterie del pentapartito anni Ottanta e del berlusconismo leghista del decennio ultimo passato. Basta, è ora di cambiare aria e di non lasciare alle banche il compito che spetta alla politica. Le banche che offrivano operazioni coi “derivati” alla pubblica amministrazione e che hanno causato, complici politici senza scrupoli e funzionari senza qualità, il dissesto finanziario di numerosi enti. A Paderno, per fortuna, le lusinghe a lasciare debiti più pesanti a quelli dopo di noi li abbiamo respinti al mittente quando abbiamo governato, segnando anche un limite chiaro a chi è venuto dopo. Lo vedi che un’alternativa a questa giunta c’è?

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